Stuxnet e Flame sono fortemente collegati tra di loro ed hanno un obiettivo comune: rallentare, se non addirittura bloccare, il processo di produzione di armi nucleari in atto in Iran. A confermare le ipotesi nate nelle scorse settimane è un ex militare statunitense, a suo tempo in possesso di un grado sufficientemente elevato da consentirgli di avere accesso a tali informazioni, il quale ha sottolineato al quotidiano Washington Post come la paternità su tali infezioni sia da suddividere equamente tra Stati Uniti ed Israele.
Mascherandosi da routine di aggiornamento del sistema operativo Windows, dunque, Flame avrebbe rappresentato l’occhio indiscreto di USA e Israele all’interno dei computer iraniani presenti all’interno degli impianti ove il paese starebbe portando avanti il programma di arricchimento nucleare tanto temuto dalle altre nazioni. Quotidianamente il malware avrebbe consentito quindi di ottenere informazioni riservate mediante le quali sarebbe stato possibile ricostruire l’intero mosaico e seguirne l’evoluzione in attesa di sviluppi. Il tutto, poi, fin quando i due governi non avrebbero ritenuto necessario intervenire.
In tal caso, quindi, sarebbe entrato in gioco Stuxnet, il quale ha già in passato dato dimostrazione delle proprie potenzialità mettendo in ginocchio diversi impianti nucleari iraniani. Entrambi i software avrebbero necessitato inoltre dei maggiori esperti di sicurezza a disposizione: per tale motivo, quindi, si sospetta che sia Flame che Stuxnet siano stati partoriti nei laboratori della CIA oppure dell’NSA, con i militari iraniani a stretto contatto con quelli statunitensi per coordinare lo sviluppo dei due malware. Questi ultimi sarebbero stati creati nel corso di diversi anni e la loro genesi sarebbe inoltre da collocare almeno nel 2007, se non addirittura prima, all’interno del progetto Olympic Games.
Il militare statunitense che ha confermato tale versione al Washington Post, inoltre, ha evidenziato come «il problema dello spionaggio e del sabotaggio sia paragonabile a quello che USA e Israele stanno cercando di combattere». Il programma, inoltre, quasi certamente è ancora in atto, con l’obiettivo di impedire all’Iran di mettere le mani su armi nucleari in grado di rappresentare una serie minaccia non solo per gli Stati Uniti, ma anche per il resto del mondo.
Lo spionaggio informatico, insomma, trova nella vicenda Flame una chiara dimostrazione di come le cyberwar non siano un fenomeno troppo lontano dalla realtà: l’importanza dei sistemi elettronici ed informatici ha di fatto trasformato i network governativi e le reti private in veri e propri cambi di battaglia, ove alle trincee si sostituiscono i dispositivi di archiviazione dati, nei quali virus e malware cercano di insinuarsi nella maniera più silenziosa possibile al fine di spiare il nemico ed eventualmente passare all’attacco.