Paola Ferrari querela Twitter

Paola Ferrari non ha gradito i commenti degli utenti sulla sua estetica e, così, ha deciso di querelare Twitter. Ma i TOS declinano ogni responsabilità.
Paola Ferrari querela Twitter
Paola Ferrari non ha gradito i commenti degli utenti sulla sua estetica e, così, ha deciso di querelare Twitter. Ma i TOS declinano ogni responsabilità.

Paola Ferrari, la giornalista de La Domenica Sportiva e Stadio Europa, non ha gradito l’onda goliardica degli spettatori sul suo aspetto estetico. E, così, ha deciso di querelare nientemeno che Twitter: non un utente qualunque macchiatosi di diffamazione, bensì il social network nel suo complesso.

Il tutto è accaduto durante gli scorsi Europei di Calcio, quando alcuni frequentatori del microblogging cinquettante hanno reso virali dei commenti poco piacevoli sulla bellezza della giornalista. Per alcuni la Ferrari avrebbe abusato della chirurgia plastica, per altri si avvarrebbe di un misterioso “raggio fotonico” per nascondere le rughe, altri ancora si sono lanciati in commenti ben più volgari. La conduttrice stessa ha cercato di stemperare i toni lo scorso 23 giugno, pubblicando un’immagine struccata proprio su Twitter, ma il tentativo è caduto nel nulla. E, così, si è passati all’azione legale, con tanto di maxirisarcimento. Queste le dichiarazioni riportate dalle principali agenzie di stampa:

Il Web non può diventare solo una bacheca della diffamazione anonima, dell’insinuazione volgare e del razzismo solo perché nel Web c’è la libertà di espressione. Non è giusto usare la rete e i social network per insultare le persone, senza la possibilità di un contraddittorio, e questo accade soprattutto con Twitter. Se il Web e i blog vogliono giocare un ruolo serio nell’informazione, allora devono comunque attenersi alle regole deontologiche di base e alle norme civili che valgono fuori dalla rete. Nessuno si riunisce pubblicamente per diffamare o insultare qualcun altro o, se lo fa, per lo meno è passibile di denuncia. Ecco, credo allora che la cosa valga anche per Twitter. Se dovessi ricevere un giusto risarcimento per i danni recati alla mia immagine professionale e personale, per altro costruita con il lavoro negli anni, tutto l’ammontare andrà ai terremotati dell’Emilia, gente, quella sì, che merita a prescindere per la compostezza e il coraggio che mostra.

Sulle colpe di Twitter in quanto azienda, ovvero fornitore di un servizio, non vi è però accordo. Sebbene il codice penale sancisca l’uguaglianza della diffamazione per via stampata o telematica, i Term Of Service del microblogging – ovvero il contratto di servizio che Twitter stipula con i propri utenti – parlano fin troppo chiaro. Nel comma C della norma 11, denominato “Limitazioni della responsabilità”, i TOS indicano:

Nella misura massima consentita dalla legge applicabile, gli enti Twitter non saranno responsabili di alcun risarcimento per danni indiretti, incidentali, speciali, consequenziali o punitivi, né saranno responsabili di perdite di introiti o entrate, sia sostenute direttamente che indirettamente, o perdite di dati, di utilizzo, di avviamento o altre perdite immateriali risultanti (i) dall’accesso, utilizzo o dall’impossibilità di accedere o di utilizzare i servizi da parte dell’utente; (ii) dalla condotta o dal contenuto di terzi sui servizi, ivi incluso a titolo esemplificativo ma non esaustivo, le condotte diffamatorie, offensive o illegali di altri utenti o di terzi; (iii) dai contenuti ottenuti mediante i servizi; o (iv) dall’accesso, utilizzo o alterazione non autorizzati delle trasmissioni o dei contenuti dell’utente.

In altre parole, all’atto dell’iscrizione Twitter sposta qualsiasi responsabilità sulle spalle dell’utente, che diventa così l’unico colpevole in caso di comportamenti illeciti, quali appunto la diffamazione. Nell’attesa di scoprire il prosieguo legale della vicenda, si segnala però come gli utenti siano tutto fuorché spaventati dagli intenti della Ferrari. Contestualmente alla diffusione della notizia, è apparso il gettonatissimo hashtag #QuerelaConPaola, ricco di spunti ironici per improbabili procedimenti legali. Da chi si dice pronto a denunciare le mezze stagioni per la loro immotivata assenza, a chi accusa la popstar Madonna di testimoniare il falso con la sua Like A Virgin, ve n’è davvero per tutti i gusti.


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