Una ricerca condotta dall’Annenberg Innovation Lab della University of Southern California mette in luce quali sono le piattaforme di advertising più utilizzate da chi gestisce siti dedicati alla diffusione non autorizzata di materiale protetto da diritto d’autore, in altre parole pirata. Una Top 10 nella quale figurano nomi di prim’ordine come Google (in seconda posizione) e Yahoo! (al sesto posto).
Entrambe le società, tra le più longeve e attive sul Web, hanno negli ultimi anni intensificato i propri rapporti con l’industria dell’intrattenimento. BigG, ad esempio, ha portato Google Play (ex Android Market) a trasformarsi in una vera e propria piattaforma per l’acquisto, lo streaming e la fruizione di contenuti multimediali come film, musica e libri. Anche l’impegno nell’eliminazione dal motore di ricerca dei risultati che conducono a download illegali è stata ben accolta da Hollywood e dall’industria discografica, ma le sue inserzioni pubblicitarie continuano a comparire sui portali dove è la pirateria a farla da padrone, assicurando così introiti ai loro webmaster.
Un comportamento che secondo l’Annenberg Innovation Lab può essere definito ambiguo. Va inoltre segnalato che la ricerca è stata condotta prendendo in considerazione proprio i siti che nel Transparency Report di Google hanno ricevuto il maggior numero di segnalazioni per la rimozione dei link da parte di governi e detentori del copyright. Mentre i vertici di Yahoo! non sono ancora intervenuti sulla vicenda, quelli di bigG hanno rilasciato la seguente dichiarazione.
Ritenere che l’advertising di Google sia una tra le più importanti fonti di guadagno per i siti dedicati alla pirateria è uno sbaglio. Nel corso degli ultimi anni abbiamo assunto un ruolo di primaria importanza in questa battaglia. La complessità dell’advertising online ha portato qualcuno a concludere, in modo errato, che la sola presenza in un sito del codice messo a disposizione da Google equivalga a un supporto economico da parte del nostro gruppo.
La posizione del colosso di Mountain View è chiara: chiunque è libero di ospitare sulle proprie pagine il codice necessario a mostrare banner o inserzioni pubblicitarie gestite dalla piattaforma di Google, ma non per questo motivo la sua attività dev’essere messa in relazione con quella di bigG. Per completezza, ecco di seguito la Top 10 stilata dalla USC, che vede in prima posizione OpenX, una società californiana specializzata soprattutto nell’advertising in ambito mobile.
- Openx;
- Google (incluso Double Click);
- Exoclick;
- Sumotorrent;
- Propellerads;
- Yahoo (incluso Right Media);
- Quantcast;
- Media Shakers;
- Yesads;
- Infolinks.