C’è una specie di virus che circola da anni nel sistema politico italiano: è la norma ammazzablog. Ciclicamente in Parlamento vengono depositate proposte di legge che contengono nuove disposizioni sulla legge sulla stampa del 1948 per quanto riguarda la diffamazione. Stavolta è Scelta Civica e il deputato Stefano Dambruoso, primo firmatario, a rinvigorire una posizione sul tema che sta diventando un genere letterario.
Dopo la proposta Alfano tris del deputato Costa, che aveva riprodotto pari pari il disegno di legge poi ritirato, parlandone però come di una «provocazione», il 6 giugno è stato depositato un testo che ne riproduce, sotto altre spoglie, le norme principali. Ora è all’attenzione della Commissione Giustizia, che ha preso in eredità dal governo Monti la delicata questione del reato di diffamazione a mezzo stampa infuocatasi dopo il caso Sallusti.
Il TESTO della proposta di legge è firmato da 14 deputati centristi che propongono di estendere le norme sulla rettifica anche alle testate telematiche:
Per i siti informatici, ivi compresi i blog, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate entro quarantotto ore dalla richiesta, in testa alla pagina, prima del corpo dell’articolo, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono.
@gditom Non c'è alcun #ammazzablog ma estensione dovere di rettifica se c'è diffamazione, come accade sui quotidiani
— Andrea Romano (@AndreaRomano9) June 25, 2013
Nonostante il deputato di Scelta Civica Andrea Romano si sia affrettato a specificare che «non c’è alcuna norma ammazzablog», la Rete è ormai adusa a riconoscerla a colpo sicuro. In questo caso, permangono i due principi che distinguevano quella norma e che hanno sempre destato molta perplessità nella blogosfera: obbligo di rettifica (con scadenza temporale ristretta), scollegamento con il sequestro giudiziario. Novità? Sanzioni più severe: dai 12.500 euro dell’epoca si sale a 16.000. Sarà l’adeguamento Istat.
Riusciremo mai a liberarcene?
Su questo tipo di norma, ignara delle possibile contraddizioni tra la via giudiziaria e quella preventiva di una possibile contestazione di diffamazione, totalmente digiuna dell’importanza di evitare di responsabilizzare i blog come organi a stampa senza distinguere testate registrate e semplici siti, e soprattutto della responsabilità dell’amministratore del blog non estendibile su diverse parti del sito stesso – a meno non si creda nella validità della sentenza-monstre di Varese – si sono sprecate le parole.
Forse la sequela di fallimenti passati potrebbe anche alimentare qualche ottimismo, persino un po’ di ironia. Certamente però questa mentalità, questa capacità eccezionale della politica di riprodurre costantemente il peggio di sé stessa, l’assolutamente già visto e criticato e fallito nel confronto con gli esperti del settore, ha qualcosa che meriterebbe un saggio psicanalitico.
Nel frattempo, sempre con le orecchie bene aperte in ascolto del rumore dei nemici.
#ilrumoredeinemici
storia di una guerra ideologica