Lo stato di New York ha rilasciato un draft per quella che potrebbe diventare una licenza finanziaria standard per gli operatori in Bitcoin e in crittovaluta. Se fosse approvata, cambierebbe completamente il volto del mercato sul suolo americano: l’obiettivo, infatti, è introdurre criteri di vigilanza anche sugli operatori delle monete elettroniche. Ma come?
Nella proposta curata dal Dsf (Dipartimento servizi finanziari) si nota subito una stretta clamorosa: d’ora in avanti gli operatori in Bitcoin non saranno più anonimi, ma i loro nomi verranno inseriti un un registro. La questione però è più complessa, perché nel testo si fa riferimento a un contesto molto ampio per “attività di commercio” nella quale rientrano queste categorie:
- Chi riceve la crittomoneta e la trasmette;
- Chi conserva, detiene o controlla moneta virtuale per conto terzi;
- Chi acquista e vende moneta virtuale come un business del cliente;
- Chi offre servizi di conversione di vendita al dettaglio, compresa la conversione o scambio in altro valore o in una diversa moneta virtuale;
- Chi controlla, amministra o emette moneta virtuale.
Da questo elenco non resta praticamente escluso nessuno, né le piattaforme di scambio e neppure i wallet, né i miners, anche se non è ancora chiaro come questo regolamento possa essere attuato con questo ventaglio, che ha lo scopo di sorvegliare gli eventuali bad actors del settore. Obiettivo che si evince dagli altri obblighi immaginati dalla bozza, che paiono più sensati se si pensa al mercato di riferimento: per il dipartimento gli operatori in BTC dovranno mantenere una riserva di Bitcoin pari alla quantità di quelli messi a disposizione della clientela, e le piattaforme dovranno accettare controlli di sicurezza per evitare altre sorprese come quelle di MTGox.
Le possibili conseguenze
Ci sono 45 giorni per le osservazioni, poi questa bozza si candida a diventare, da prima proposta di regolamento specifico sui Bitcoin a modello per gli altri stati e anche per le linee guida federali: tutti riconoscono il ruolo di New York come autorità finanziaria capace di influenzare anche Washington. Wall Street non ha paura dei Bitcoin – dicono – ma vuole regolamentarli per sostenere la crescita. Rischiando di dimenticare, però, la natura sostanziamente P2P di Bitcoin, realizzata per superare le barriere della regolamentazione tradizionale. Tanto che la community Bitcoin ritiene sia uno strumento di compensazione dello strapotere dei circuiti bancari.
L’edizione americana di Wired ha inoltre criticato fortemente la proposta considerandola dannosa per le startup che operano con le crittovalute:
Si chiede alle imprese di tenere traccia non solo degli indirizzi fisici dei loro clienti, ma anche di tutti coloro che usano Bitcoin. Questo mina il valore fondamentale di Bitcoin, che funziona come la versione Internet del denaro contante. Ma c’è di più. Le imprese Bitcoin devono inoltre presentare rapporti frequenti al Dipartimento di Stato di New York con al dettaglio anche i piani strategici. Se adottato, questi criteri renderanno la vita molto difficile alle startup bitcoin, che hanno risorse limitate e stanno inventando nuovi tipi di impresa.