Non c’è pace per Facebook. Un memo interno risalente al 2016 e condiviso nelle ultime ore da BuzzFeed, intitolato “The Ugly”, ha scatenato nuove polemiche contro il social network. Questo memo è stato scritto da Andrew “Boz” Bosworth, uno dei dirigenti più in vista della società ed uno dei più fidati collaboratori di Mark Zuckerberg.
Quello che ha colpito l’opinione pubblica e che ha acceso nuovamente il dibattito sulle pratiche di Facebook, è il contenuto di questo memo che racconta un social network che mette la sua crescita al di sopra di tutto, anche a discapito della sicurezza e della privacy. Un documento che all’apparenza giustifica le pratiche adottate per mettere in contatto sempre più persone, indipendentemente se così si ottengono conseguenze positive o negative.
Forse qualcuno trova l’amore, forse salva anche la vita di qualcuno sull’orlo del suicidio. Quindi colleghiamo più persone. Può essere cattivo se lo rendono negativo. Forse costa una vita a chi viene esposto ai bulli. Forse qualcuno muore in un attacco terroristico coordinato attraverso la piattaforma.
E ancora colleghiamo le persone. La brutta verità è che crediamo nel collegare le persone così tanto, che tutto ciò che ci permette di connettere più persone è “di fatto” buono. È forse l’unica area in cui le metriche raccontano la vera storia per quanto ci riguarda. Questo non è qualcosa che stiamo facendo per noi stessi. O per il prezzo delle nostre azioni. È letteralmente solo ciò che facciamo. Connettiamo le persone. Ecco perché tutto il lavoro che facciamo per crescere è giustificato.
Un testo molto forte che fu diffuso internamente alla società un giorno dopo la morte di Antonio Perkins, un uomo di Chicago di 28 anni che era stato ucciso da un colpo di pistola, in diretta su Facebook Live. Il memo di Bosworth rivela fino a che punto Facebook ha compreso i rischi fisici e sociali derivanti dalla piattaforma, anche se la società ha sempre minimizzato tali rischi in pubblico. Quanto emerso non fa certamente bene a Facebook che oggi è sotto accusa a seguito dei fatti recenti dello scandalo di Cambridge Analytica in quanto non fa altro che mettere benzina sul fuoco delle polemiche sulle attività del social network.
Tuttavia, sia Mark Zuckerberg che lo stesso Bosworth sono intervenuti per placare le polemiche e spiegare il senso di questo memo. Bosworth è noto per essere una persona molto schietta, un provocatore e quel memo doveva servire come stimolo per un dibattito interno alla società proprio a seguito di quello che era capitato ad Antonio Perkins. Bosworth, infatti, ha preso subito le distanze, spiegando di non concordare con quanto scritto e che quelle parole servivano solamente per stimolare una discussione interna sulla strategia di crescita dell’azienda.
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Spiegazione condivisa anche da Mark Zuckerberg che ha aggiunto di essere in disaccordo con quanto scritto nel memo e che non sia vero che alla sua società non importa se qualcuno perde una vita o se i dati delle persone vengono raccolti, purché permettano di collegare sempre più persone. Mark Zuckerberg ha anche sottolineato come connettere solo le persone non sia sufficiente e che la società lavorerà per avvicinare le persone, in sostanza per migliorare la qualità del rapporto.
Effettivamente, all’epoca della pubblicazione del memo, le discussioni non mancarono e il testo scritto da Bosworth fu uno dei post interni più discussi di sempre.