Amazon assolta: non dovrà pagare 250mln di tasse al Lussemburgo

Amazon era stata accusata di non aver pagato le imposte dovute grazie a un accordo fiscale contrario alle norme comunitarie antitrust.
Amazon era stata accusata di non aver pagato le imposte dovute grazie a un accordo fiscale contrario alle norme comunitarie antitrust.

La Corte Europea salva a sorpresa Amazon, che di fatto non dovrà pagare 250 milioni di tasse al Lussemburgo. I giudici hanno infatti respinto la richiesta della Commissione europea che accusava il colosso dell’e-commerce di non aver pagato al Granducato quanto dovuto in termini di imposte, grazie a un accordo fiscale ritenuto contrario alle norme comunitarie antitrust. Secondo il Tribunale, la Commissione non è riuscita a dimostrare in modo giuridicamente adeguato “che vi sia stata un’indebita riduzione dell’onere fiscale di una filiale europea del gruppo”.

Trattamento fiscale speciale per Amazon?

La vicenda aveva avuto inizio nell’ottobre del 2017, quando, nell’ambito delle nuove regole europee sull’Iva negli scambi transfrontalieri, la Commissaria responsabile della Concorrenza Margrethe Vestager aveva inaugurato una nuova stagione nel rapporto tra Bruxelles e la grandi aziende tecnologiche globali, iniziando un percorso di adeguamento fiscale degli stati membri.

La Commissione europea aveva quindi preso di mira il colosso di Seattle e lo stato che l’aveva aiutato per molti anni a risparmiare tasse in barba alle regole continentali, ovverosia il Lussemburgo, in quegli anni guidato dal presidente della stessa Commissione, Jean-Claude Juncker.

Il Lussemburgo ha concesso ad Amazon vantaggi fiscali illegali, con il risultato che quasi tre quarti degli utili della società non sono stati tassati. In altre parole, è stato concesso ad Amazon di pagare quattro volte meno imposte rispetto ad altre imprese locali soggette alle stesse regole.

Così aveva dichiarato sempre la vicepresidente della Commissione UE, Margrethe Vestager, per la quale “il ruling fiscale ha concesso un vantaggio economico selettivo ad Amazon, consentendo al gruppo di pagare meno imposte di altre imprese soggette alle stesse norme”. In estrema sintesi, la gestione del gruppo era tassata in Europa, la holding negli USA, e i suoi soci rinviavano gli obblighi fiscali.

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Amazon ha fatto uso in Europa di questa struttura tra il maggio 2006 e il giugno 2014.

La Commissione, ritenendo tali azioni illegali ai sensi delle norme UE sugli aiuti di Stato, e considerando che le nazioni membre non possono concedere a multinazionali vantaggi fiscali selettivi che non rilasciano ad altre imprese, aveva chiesto ad Amazon il pagamento di 250 milioni di euro come risarcimento al Lussemburgo per il mancato introito fiscale, lo stesso modello adottato con Apple e Irlanda. Ma oggi la sentenza della Corte Europea ha ribaltato tutto.

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