L’Italia sta per andare su Marte con Exomars, progetto spaziale dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) sul quale è presente un grande quantitativo di tecnologia italiana. Con la partenza del primo vettore (14 marzo 2016, a bordo del vettore russo Roscosmos) ha preso ufficialmente il via una missione di grande importanza per l’industria aeronautica europea e con gli esperti italiani in posizioni da protagonista.
Il viaggio sarà diviso in due e nella seconda fase porterà sul pianeta rosso anche un drill ideato e sviluppato da Eni. Un progetto estremamente importante e ambizioso, ma per molti versi nemmeno clamoroso: Tecnomare (controllata Eni che sta sviluppando la trivella presente sulla spedizione ExoMars 2018, poi posticipata di un biennio), ha già portato l’ingegneria tricolore sulla cometa Rosetta al termine di un viaggio lunghissimo ed al fine di compiere una sessione di lavoro estremamente complessa. Lo scopo è cercare vita, o almeno a tentare di capire cosa sia davvero Marte e come l’uomo possa metterci su i propri piedi.
La prima spedizione è capitanata da Thales Alenia Space, joint venture tra Francia (Thales detiene il 67% della partecipazione) e Italia (Finmeccanica ne detiene il 33%) ma l’Italia ha messo la propria bandierina anche su molte altre tecnologie presenti tanto sulla prima quanto sulla seconda spedizione.
ExoMars: ecco come l’Italia andrà su Marte
Rosetta è stata la palestra da cui nasce il progetto ExoMars all’interno del programma ESA Aurora. Come da indicazioni della stessa ASI (componente italiana all’interno dell’European Space Agency), la missione marziana si divide in due fasi: nella prima, prevista inizialmente per gennaio 2016 e in seguito partita il 14 marzo, «una sonda (TGO) resterà nell’orbita di Marte per indagare la presenza di metano e altri gas presenti nell’atmosfera, possibili indizi di una presenza di vita attiva, mentre un modulo (EDM), contenente la stazione meteo (Dreams) ed altri strumenti, atterrerà su Marte»; la seconda fase, prevista inizialmente per il maggio 2018, prevede l’atterraggio su Marte di un rover capace di agire autonomamente e dotato di strumenti per penetrare ed analizzare il suolo. Alcuni problemi hanno però fatto slittare la seconda parte al 2020, il che potrebbe portare a nuovi aggiornamenti sulla tabella di avvicinamento al lancio ed in relazione ai progetti che saranno caricati a bordo del vettore.
La sfida è di altissimo livello, insomma: il “robot” deve essere in grado di raggiungere Marte, atterrarvi autonomamente, analizzare lo spazio circostante, muovercisi in sicurezza e quindi penetrarne la superficie. La parte successiva è quella più prettamente scientifica: il carotaggio è funzionale all’analisi del terreno per la comprensione di molti aspetti relativi al pianeta rosso: la sua storia, la sua evoluzione, il suo passato e l’effettiva possibilità di trovarvi tracce di vita. Le condizioni di Marte sono infatti tali per cui, se la vita c’è, con ogni probabilità si trova al di sotto della superficie. Penetrare il sottosuolo significa pertanto andare alla ricerca di tracce laddove con maggior possibilità se ne possono trovare.
I principali obiettivi scientifici della missione sono la ricerca di tracce di vita passata e presente su Marte, la caratterizzazione geochimica del pianeta, la conoscenza dell’ambiente marziano e dei suoi aspetti geofisici e l’identificazione dei possibili rischi per le future missioni umane.
Prima la cometa
Il progetto ExoMars inizia molti anni prima. La tecnologia che approderà sul pianeta rosso, infatti, è figlia delle intuizioni che hanno portato un rover sulla superficie di una cometa. La tecnologia oggi ancorata a Rosetta arriva dai medesimi laboratori ed ha la medesima finalità: perforare e analizzare il terreno, lavorando in condizioni estreme e senza la possibilità di conoscere a priori il contesto nel quale avverrà un carotaggio profondo ben 2 metri.
Tecnomare ha curato la progettazione e la realizzazione del drill che perforerà il suolo e che anzitempo aveva già graffiato la superficie della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko attraverso Philae. A capo della missione una donna italiana: Amalia Ercoli-Finzi, grande sostenitrice degli investimenti lungimiranti nella ricerca scientifica e della necessità di coltivare risorse nel mondo dell’ingegneria, ha dimostrato come l’Italia possa avere un ruolo d’eccellenza nel settore firmando una delle missioni spaziali più iconiche ed importanti degli ultimi anni. Ma il lungo viaggio verso Rosetta (con la tecnologia italiana “ibernata” per dieci lunghi anni in attesa dell’arrivo) è soltanto una metafora del lungo lavoro che sta dietro la ricerca scientifica: Marte è il vero obiettivo, e l’Italia sarà nuovamente presente per mettere a frutto quanto sviluppato durante la missione antecedente.
A me sono sempre piaciute le comete, sono una delle cose più belle del mondo. Io dico sempre che il Padreterno, quando le ha create, stava sorridendo.
Amalia Ercoli-Finzi
Obiettivo Marte
Il primo lander destinato ad atterrare su Marte è denominato Schiaparelli in omaggio all’astronomo saviglianese che pubblicò ricerche approfondite che teorizzavano per la prima volta i “canali di Marte": un progetto con forti tracce di DNA italiano, insomma, dall’ispirazione ai finanziamenti, passando per ricerca e sviluppo degli elementi chiave della spedizione. Se le tesi di Schiaparelli ebbero un impatto fortissimo sulle speculazioni relative alla possibilità di vita sul pianeta rosso, il nuovo lander sviluppato in Italia e arricchito con tecnologie Eni potrebbe dare risposte importanti sul medesimo quesito. O potrà almeno portare l’uomo alla domanda successiva: quali problemi occorre affrontare affinché l’uomo possa un giorno arrivare su Marte? Quali pericoli vanno scongiurati e quali sono le risorse a cui poter attingere sul pianeta per ipotizzarvi una colonia in pianta stabile?
Domande ambiziose, la cui risposta va però scomposta in molti piccoli elementi: ExoMars avrebbe dovuto anzitutto dimostrare di riuscire ad atterrare (questa la parte più delicata della missione), avrebbe dovuto identificare l’area per le perforazioni e dovrá quindi iniziare il proprio lavoro finale nel 2020. Il braccio meccanico che sarà portato su Marte è modulare e tale da arrivare ad una profondità massima pari a 2 metri. Ed è esattamente in questa fase che la tecnologia Eni-Tecnomare avrà ruolo da protagonista.
I test effettuati sulla Terra hanno simulato le condizioni di lavoro marziane, portando i meccanismi sotto stress per valutare i loro margini di operatività in remoto sotto i comandi del ROCC (Rover Operations Control Centre). Il Drill raccoglierà campioni della dimensione approssimativa di 3×1 cm, i quali saranno trasferiti al Rover Payload Module per essere smembrati e analizzati. Il Drill è peraltro dotato di uno spettrometro a infrarossi miniaturizzato (denominato Ma-Miss) con il quale osservare le pareti del terreno perforato e ricavarne i primi dati da inviare sulla Terra. Essendo impossibile prevedere a priori la tipologia e la consistenza del terreno, il robot è progettato per compiere in sequenza protocollata una serie di operazioni che prevedono l’estrazione di almeno 17 campioni per 7 cicli di esperimenti e 2 perforazioni in profondità.
L’unità Schiaparelli (240 cm di diametro per 600 Kg di peso, con struttura in alluminio e fibra di carbonio) é arrivata su Marte al termine di un viaggio lungo 9 mesi: i sistemi sono stati accesi poche ore prima dell’impatto con l’atmosfera marziana, il cui approccio é avvenuto alla velocità approssimativa di 5,8 km/s. Il viaggio é stato pianificato con estremo anticipo poiché le condizioni ideali per il distacco da Terra si verificano soltanto ogni 26 mesi (valutazione compiuta sulla base dell’orbita dei due pianeti) ed i tempi debbono essere pertanto estremamente circostanziati per evitare di perdere il treno con l’invio pianificato. La responsabilità sulle spalle dell’ESA era peraltro forte, poiché Schiaparelli potrebbe essere il primo lander europeo a toccare la superficie marziana al termine di un atterraggio controllato: un obiettivo ad altissima difficoltà e di grande importanza, in grado di portare le ricerche sui pianeti del sistema solare ad un nuovo livello. Così però non é stato, o almeno non fino in fondo. L’impatto con l’atmosfera é avvenuto ad una altezza di 120 km dal suolo, con una decelerazione improvvisa da 35 a 5 Mach é 6 minuti complessivi di tempo per decelerare e posarsi sul terreno marziano. Un apposito paracadute ha contribuito a rallentare il modulo, il quale ha attivato infine uno speciale sistema di atterraggio basato su propulsori per arrivare al suolo senza danni per le attrezzature trasportate. Il problema é avvenuto in quest’ultima fase: i razzi che dovevano pilotare l’atterraggio sono rimasti attivi per soli tre secondi e si sono qui di spenti lasciando precipitare Schiaparelli.
L’atterraggio è stato progettato con estrema attenzione: dapprima il rallentamento dovuto all’impatto con l’atmosfera, quindi l’apertura di un paracadute che sfrutta l’attrito con l’atmosfera stessa, quindi il distacco dell’ultima componente con appositi propulsori in grado di rallentare e stabilizzare il tragitto verso il terreno. Evitare urti significava salvaguardare le componenti interne ed assicurare il proseguimento della missione. Il silenzio registrato dal TGO negli ultimi secondi della manovra hanno però raccontato una grandissima e difficilissima missione priva del lieto fine auspicato. Ma non tutto é perduto.
ExoMars, spedizioni 2016 e 2020
La prima spedizione ExoMars 2016, partita alle 10.31 del 14 marzo dal cosmodromo di Baikonur in Kazakistan, ha lo scopo di analizzare l’atmosfera marziana in cerca di metano, acetilene e altri gas. Il gas è infatti indizio di metabolismo, il che potrebbe fornire importanti tasselli nella ricerca di forme di vita sul pianeta. La prima spedizione tenterà inoltre il primo atterraggio su Marte, dando vita ad una stazione in grado di analizzare atmosfera e meteo al fine di fornire informazioni utili per la seconda missione.
La seconda spedizione, ExoMars 2020, avrà invece lo scopo di cercare altre tracce in profondità, laddove le condizioni potrebbero essere favorevoli a garantire, se non la vita, quantomeno la conservazione delle sue tracce passate. Quest’ultima fase del progetto sarà utile altresì a simulare l’atterraggio sul pianeta, fornendo così importante feedback al fine di raccogliere le informazioni necessarie per la buona riuscita del successivo arrivo del rover. Da sempre l’atterraggio su Marte è costellato di difficoltà e di fallimenti, motivo per cui la prudenza della missione europea denota l’importanza di un progetto che non lascia nulla al caso. Il lancio avverrà in entrambi i casi su lanciatore Proton del team russo Roscosmos.
Fin da ora il punto candidato per l’atterraggio della spedizione 2018 è stato scelto in virtù di speciali caratteristiche geologiche ipotizzate a seguito degli scatti fotografici ottenuti. Uno degli indizi principali che ha suggerito la scelta della “Meridiani Planum” per l’atterraggio è la presenza di ruggine: sulla terra l’ossido di ferro è sinonimo di presenza d’acqua, mentre su Marte sarà un trapano italiano a doverne cercare le tracce in profondità. Tra i luoghi candidati anche la pianura di Oxia. L’altitudine dovrebbe inoltre essere ideale per massimizzare la possibilità di ottenere risultati importanti dai campioni di terreno estratti. Interessante è notare come i dati relativi all’altitudine sono ricavati dalle misurazioni del Mars Orbiter Laser Altimeter (MOLA), punta di diamante di una spedizione NASA datata 1996 ed attiva fino al 2001 nel campionamento dell’intera superficie del pianeta rosso: è chiara la natura transnazionale della ricerca e delle esplorazioni, fil rouge che lega assieme tutte le nazioni che partecipano a questi fondamentali slanci oltre i limiti finora esplorati.
Una volta effettuato l’atterraggio, gli spostamenti saranno stabiliti in base ad una scelta basata sulla statistica e sull’analisi ravvicinata del contesto: una serie di strumentazioni di bordo misurerà i parametri del terreno circostante e si deciderà così dove avviare le perforazioni.
La prima missione è funzionale alla seconda per due motivi: anzitutto perché assisterà il primo atterraggio, offrendo così un feedback fondamentale ai tecnici sulla Terra; inoltre perché fungerà in seguito da ripetitore satellitare in grado di facilitare le comunicazioni real-time tra il dispositivo su Marte e i tecnici ESA sul nostro pianeta. A tal fine è stata predisposta una potente antenna da oltre 2 metri di diametro che, assistita da pannelli solari e batterie agli ioni di litio (utili a mantenere l’alimentazione durante le fasi di eclissi) fungerà da satellite per le comunicazioni Terra-Marte.
Perché andare su Marte?
In nessun caso la ricerca è completamente fine a sé stessa: lo sono i fini, ma non gli strumenti per finanziarla e portarne avanti i pesantissimi investimenti. Le interpolazioni venutesi a creare attorno a progetti di questo tipo hanno però una ricaduta diretta sulle attività delle aziende interessate, il che offre alle missioni spaziali un interesse fondamentale, fatto di sperimentazioni e alta ingegneria. Nel caso di Eni, il lavoro compiuto su Rosetta ed all’interno di ExoMars diventano know-how aziendale prestigioso, sfruttato in progetti quali Clean Sea o nello sviluppo di nuove tecnologie di perforazione.
Per Eni il settore Ricerca e Sviluppo (R&D) rappresenta un investimento, non un costo. Lo dimostra il fatto che il valore generato nell’anno equivale a 4-5 volte la spesa sostenuta. La produzione di idrocarburi localizzati in aree di frontiera tecnologica (acque profonde, zone artiche, strutture geologiche complesse e aree sensibili) rappresenta un forte stimolo per l’industria petrolifera ad ampliare il proprio portafoglio tecnologico. È pertanto cruciale essere in grado di esplorare e sviluppare in modo efficace e sostenibile le aree di frontiera, come le acque profonde e ultra-profonde (deep e ultra-deep water), generalmente caratterizzate da condizioni geologiche e ambientali sfidanti.
Andare su Marte è un obiettivo di altissimo profilo, con grande valenza sociale e scientifica. Le aziende che vi si impegnano debbono assorbire forti investimenti con ricadute di lunghissimo periodo, ma la cui eccellenza ricompensa ampiamente lo sforzo compiuto. Il fatto che su Schiaparelli ci sia una forte impronta italiana è pertanto un motivo d’orgoglio che va ben oltre la sola computazione economica o di opportunità: c’è un significato alto che sfugge a qualsiasi calcolo, ma che non può sfuggire alle valutazioni più profonde e ampie sull’operazione. Perché racconta un’Italia fatta di eccellenze. Un’Italia che, soprattutto, sa ancora sognare.
Il viaggio
La missione Exomars ha preso ufficialmente il via il 14 marzo 2015 grazie alla spedizione da Baikonur (Kazakistan) con il razzo Proton. L’arrivo su Marte è previsto per il 19 ottobre. Il 15 aprile è stata diffusa la prima immagine giunta dal TGO: una semplice conferma del fatto che tutto funziona e tutto sta procedendo nel migliore dei modi. Nel mese di luglio è invece attesa la riaccensione dei motori per pilotare l’avvicinamento di Exomars al pianeta rosso.
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