Eolas, la piccola società che rivendica la titolarità dei brevetti sul sistema di plug-in utilizzati da Internet Explorer, non dimostra certo accondiscendenza nei confronti di Microsoft. La richiesta di indennizzo per la vendita dei diritti, infatti, è in costante crescita proporzionalmente al tempo passato da quando la denuncia è stata presentata.
Il primo risarcimento è stato quantificato da un tribunale federale di Chicago in 520 milioni di dollari. Ad oggi, aggiunti gli interessi, la richiesta è già salita a 630 milioni ed Eolas presenta subito chiare le proprie intenzioni: se Microsoft ricorrerà in appello, la richiesta finale in caso di vittoria sarà di 1300 milioni di dollari. L’atteggiamento intimidatorio della piccola casa di software è corredato di esempi tratti da una giurisprudenza che vede Microsoft soffrire di problemi simili.
I particolari emergono da una conversazione di Robert Cringely, icona del giornalismo tecnologico americano, con Mike Doyle, fondatore e presidente della Eolas, pubblicata lo scorso 21 Agosto. Nella stesso scambio di opinioni, Doyle avrebbe «giurato» che non rilascerà mai a Microsoft la licenza per utilizzare i propri brevetti. L’idea è quella di utilizzare il brevetto, e i soldi strappati a Microsoft, per sperimentare un sistema operativo basato sul Web.
Eolas ha al momento il coltello dalla parte del manico in quanto ben conosce l’importanza che il browser ricopriva (ed ancor più ricoprirà nella prossima versione Longhorn) nella struttura cardinale del sistema operativo Windows.