L’immagine qui a fianco, nei due decenni che hanno seguito il suo scatto, è divenuta simbolo della lotta di un popolo contro il proprio oppressore.
Le cose non sembrano però essere cambiate in Cina, a vent’anni di distanza dalle proteste che il 4 giugno 1989 culminarono con il massacro di piazza Tiananmen, il cui bilancio delle vittime rimane ancora oggi non ben definito.
Proprio in occasione del 20° anniversario, il governo cinese ha deciso di bloccare l’accesso a Twitter, su cui si sarebbero moltiplicati i messaggi e le discussioni relativi ai fatti in questione.
La censura non si è però limitata alla piattaforma di microblogging, toccando anche Hotmail, il nuovo motore di ricerca Bing e il portale di photo sharing Flickr.
Ovviamente una tale mossa ha provocato il malcontento del popolo della rete, che non ha usato mezzi termini nel paragonare le misure adottate dalla Cina a quelle messe in atto nel maggio scorso dall’Iran, quando venne bloccato l’accesso a Facebook.
La libertà d’espressione rimane dunque, in alcune parti del mondo (a volte nemmeno troppo distanti) ancora un’utopia.
Per rendersi conto dell’influenza di Pechino sulle risorse Web a disposizione dei 250 milioni di navigatori cinesi è sufficiente effettuare una ricerca su Google Immagini con il termine “Tiananmen”, prima sulla versione italiana del motore e poi su quella cinese, per vedere come, su quest’ultima, delle proteste del 1989 non vi sia alcuna traccia.