Oggi, 3 dicembre 2012, il Vaticano annuncia l’apertura del profilo Twitter del Papa. Oggi, 3 dicembre, si ha notizia dell’interessamento di Facebook per WhatsApp. Ed un elemento comune sembra unire due notizie tanto distanti: un SMS inviato 20 anni or sono, un piccolo messaggio da cui è scaturita una grande rivoluzione.
A 20 anni di distanza il Vaticano scopre la forma breve della comunicazione portando su Twitter la propria opera di evangelizzazione. Nelle stesse ore Facebook sembra approcciare WhatsApp come la nuova formula della comunicazione breve, cercando di far proprio proprio quell’ammazza-SMS che il mercato sta esprimendo come nuova fenomenologia del mobile. Ed ecco che il cerchio si chiude: a distanza di 20 anni l’SMS è ancora vivo e vegeto, ma guarda all’orizzonte di un percorso ormai destinato a chiudersi, a consumarsi, a sfumare.
Il primo SMS è stato inviato da Matti Makkonen il 3 dicembre 1992, ingegnere Nokia che affidò alla nuova tecnologia l’augurio di “Merry Christmas” inviato a Richard Jarvis (Vodafone): il messaggio partiva ai tempi da un pc per arrivare su di un dispositivo mobile, mentre in seguito sarebbe stato il filo diretto mobile-verso-mobile a dettare il ritmo della rivoluzione. I primi SMS iniziarono a fluire in europa a partire dal 1994. Una rivoluzione linguistica, culturale ed economica.
Linguistica, xché da quel momento in poi tt sarebbe cambiato nel modo di scrivere msg tra le persone. Meno telefonate e più messaggini, meno comunicazioni sincrone e più dialoghi differiti ed asincroni. Culturale, perché sull’SMS si è sviluppata una intera generazione che ha velocizzato i propri pollici sulle tastiere alfanumeriche prima e sul T9 poi, fino alle QWERTY di nuova generazione; la brevità dell’SMS è diventata la lunghezza su cui si è formattato il pensiero verso un nuovo ritmo del pensare e del comunicare. Economica, poiché sull’SMS le grandi telco (soprattutto europee) hanno costruito il proprio successo riuscendo grazie a questa semplice tecnologia a conquistare il cuore dei clienti a colpi di piccoli oboli ripetuti, ricariche forgiate su offerte e sconti, abbonamenti che nel numero di SMS compresi vedono la nuova metrica di giudizio tenuta in considerazione dal mercato. SMS a peso d’oro, i cui bit rendono più di ogni altra comunicazione.
Ma poi è arrivato Whatsapp, è arrivato Facebook, è arrivato Skype. Con l’arrivo della banda sui dispositivi mobile, l’SMS è diventato più una abitudine che una pratica “utile” e poco alla volta l’impulso al risparmio sta consigliando di mettere da parte il messaggino per provare nuovi canali gratuiti (formalmente gratuiti, ma che costringono in realtà ad un abbonamento con traffico dati incluso o alla ricerca di una rete Wifi aperta). Ed è così che, 20 anni più tardi, l’SMS è il simbolo di un cambio generazionale che si è esaurito. Icona prima della gioventù fino a poco tempo fa, oggi l’SMS è già messo da parte per far spazio a nuovi strumenti di ben altra potenzialità. Punto di forza dei vecchi cellulari, oggi è un peso di cui i moderni smartphone vogliono repentinamente sbarazzarsi.
20 anni fa, però, era una rivoluzione. Un cambio epocale che nessuno brevettò e sul quale oggi Matti Makkonen risponde ai giornali soltanto via SMS in un ultimo rigurgito celebrativo metacomunicativo. Senza faccine né abbreviazioni: Makkonen preferisce sfruttare tutti i 160 caratteri a disposizione senza icone né sigle. Un modo per tornare ad innamorarsi della propria idea, dissociandosi però da tutti gli effetti collaterali che si è portata appresso.