L’equivalente di circa 2000 DVD potrebbe essere presto contenuto in un solo disco ottico del medesimo diametro. L’importante traguardo nello storage dei dati su supporto ottico è stato raggiunto dai ricercatori della Swinburne University of Technology, che hanno sfruttato le caratteristiche delle nanoparticelle per estendere la capacità di immagazzinamento dati di un singolo DVD. La scoperta giunge a poche settimane di distanza dall’annuncio dei tecnici di General Electric sull’avvenuta realizzazione di uno disco olografico con capacità pari a 500 GB.
Utilizzando le nanoparticelle, il team di ricerca della Swinburne University of Technology è riuscito ad aggiungere due nuove “dimensioni” alle tre tradizionalmente utilizzate nei dischi ottici. I supporti appena sviluppati sfruttano infatti una dimensione legata allo spettro della luce e una ottenuta tramite la polarizzazione. Per creare la prima, i ricercatori hanno inserito alcuni nanorod (nanofibre) realizzati con l’oro sulla superficie del disco ottico. A seconda della loro forma, queste nanoparticelle reagiscono in un determinato modo agli impulsi luminosi; ciò ha consentito di registrare le informazioni utilizzando diverse lunghezze d’onda dello spettro luminoso, sfruttando meglio ogni singolo punto del disco.
Il gruppo di ricerca ha poi introdotto un’ulteriore dimensione sfruttando la polarizzazione. Proiettando le onde luminose sul disco, il campo elettrico delle stesse si allinea con i nanorod d’oro, permettendo così la registrazione di più strati di informazione modulando semplicemente l’angolo di incidenza della luce sul supporto ottico. Tale caratteristica consente dunque di registrare molte più informazioni sul disco su più livelli, rendendo la capacità di storage molto superiore rispetto a quella di un comune DVD che utilizza un minor numero di variabili per l’impressione dei dati tramite un fascio di luce laser.
«La polarizzazione può essere realizzata a 360 gradi. Così, per esempio, siamo riusciti a registrare i dati con una polarizzazione a zero gradi. Poi sopra a questa siamo stati in grado di registrare un nuovo strato di informazioni a 90 gradi, senza che le due [registrazioni, ndr] interferissero una con l’altra» ha dichiarato con entusiasmo James Chon, uno degli autori della ricerca pubblicata sulla prestigiosa rivista scientifica Nature.
Secondo i ricercatori, i nuovi dischi potrebbero compiere il loro debutto sul mercato entro 5 – 10 anni. Nonostante gli incoraggianti risultati da poco raggiunti, il lavoro per affinare questa nuova tecnologia sarà ancora lungo e oneroso. La registrazione dei dati sui nuovi supporti è al momento estremamente lenta e richiederà dunque lo studio di migliori soluzioni per velocizzare il processo. Una volta immessi sul mercato, i nuovi dischi ottici potrebbero rivelarsi molto utili non tanto nell’ambito consumer, quanto nel campo della medicina per le diagnosi per immagini, nel settore militare e in quello finanziario.