Le iniziali titubanze degli esperti che fin dall’inizio hanno fatto da controcanto alle sbandierate sicurezze dell’FBI in merito al caso Blaster, trovano oggi sempre maggiori credenziali.
Parson è semplicemente accusato di aver modificato il virus Blaster (il suo nome sarebbe legato alla versione “.B”), ma ancora rimane completamente ignoto il vero creatore del virus.
I dubbi sollevati trovano consistenza da una parte da un punto di vista tecnico e dall’altra sotto un punto di vista psicologico.
Dal punto di vista tecnico le caratteristiche di Blaster riconducono palesemente ad un qualche esperto programmatore di worm più che a un diciottenne senza troppa esperienza. La variabilità del virus, inoltre, è al momento il punto di forza della sua azione ma nel contempo potrebbe rivelarsi il tallone d’Achille del suo creatore: un solo errore, e sarebbero moltiplicate le possibilità di risalire al computer esatto di partenza dell’infezione. Parson, insomma, è si accusato di aver creato una copia modificata e “migliorata” del virus, ma manca tuttavia il nome del creatore originario del codice maligno.
Inoltre è il profilo psicologico dell’untore a lasciare qualche dubbio. Graham Cluley, consulente Sophos, si chiede: “perchè uno dovrebbe creare un virus se poi non potesse dirlo a nessuno?”. Ogni virus riporta traccia del suo autore in rete perchè fa parte del progetto stesso il poter vantare diritti esclusivi sulle proprie creazioni criminali. Il creatore del noto worm “Anna Kournikova”, ad esempio, dopo l’inaspettato “successo” riscosso dal suo codice espose alle autorità le proprie responsabilità, svelando altresì i segreti del worm stesso.
Al momento di Blaster si sa nulla o poco più, ma già troppe inesattezze rendono labili le palesate certezze delle autorità federali. Chi c’è dietro il pasciuto volto di Parson?