Corre spedito verso l’approvazione definitiva il progetto di legge sull’accessibilità dei siti Web. La Camera dei Deputati ha approvato lo scorso 16 ottobre con una sostanziale unanimità il testo unificato dei nove progetti di legge presentati in Parlamento a partire dal 2001. Il testo approvato stabilisce l’obbligo per tutte le pubbliche amministrazioni e per alcuni enti para-statali, di conformare il proprio sito Web a criteri di accessibilità. L’obbligo sussite in caso di «rinnovo, modifica o novazione» del sito Web e dovrà essere concluso entro 12 mesi dall’approvazione del disegno di legge.
La legge approvata dalla Camera arricchisce, precisa e riformula i testi formulati sinora. Rispunta il «bollino blu» di certificazione per i siti che non rientrano nell’obbligo di adeguamento ma che desiderano un riconoscimento di accessibilità. Si allarga molto l’orizzonte culturale della legge, fino a coinvolgere anche gli strumenti didattici e formativi. Viene esplicitamente chiarito che gli obblighi di accessibilità si baseranno sulle raccomandazioni dell’Unione Europea – la quale si rifà a sua volta al W3C – e vengono introdotte sazioni per i pubblici dipendenti che non si adegueranno alla legge. Ma andiamo con ordine.
Il «bollino blu» è definito dall’articolo 6. Si tratta di un «marchio o logo» che potrà essere utilizzato dai soggetti privati per certificare l’accessibilità dei siti Internet. I criteri di valutazione e le modalità di certificazione, nonché i costi dell’operazione, verranno definiti da un successivo regolamento emesso dal Dipartimento per l’innovazione e le tecnologie. Il bollino blu, nelle intenzioni del ministro Stanca che l’ha fortemente voluto, servirà a favorire l’introduzione di criteri di accessibilità anche nei privati senza renderne obbligatoria l’assunzione.
Entro tre mesi dall’entrata in vigore della legge, un decreto del ministro per l’innovazione stabilirà gli strumenti di validazione e i requisiti tecnici che dovranno essere osservati dalle pubbliche amministrazioni per la pubblicazione di siti Web. Nell’articolo 12 sono considerati come riferimenti principali per i requisiti tecnici le linee guida «indicate nelle comunicazioni, nelle raccomandazioni e nelle direttive sull’accessibilità dell’Unione europea, nonché nelle normative internazionalmente riconosciute», vale a dire le regole formulate all’interno dell’iniziativa WAI del Consorzio WWW.
Le sanzioni previste dalla legge sono di due tipi. La prima è di tipo disciplinare: i funzionari e dirigenti della pubblica amministrazione che non seguiranno le disposizioni della legge potranno essere rimossi dalla carica o censurati pubblicamente dalle strutture disciplinari. La seconda sanzione è di tipo economico: verranno dichiarati nulli tutti quei siti Web che non prevedono criteri di accessibilità.
Importante è anche il nuovo articolo 5 che prevede la fornitura di materiale formativo e didattico per scuole e università in formato accessibile e digitalizzato.
L’impianto definitivo della legge, di cui si aspetta una rapida approvazione anche in Senato, ha raggiunto un equilibrio fra le nove proposte depositate al Parlamento. La struttura di base resta quella del disegno di Legge del ministro Stanca, ma novità e apporti fondamentali sono stati forniti anche dagli altri attori che hanno partecipato alla stesura. L’unanimità pressoché totale con la quale sono stati accolti tutti gli articoli ne è la prova principale.
Non mancano i punti per i quali si sarebbe potuto chiedere qualcosa di più. Primo fra tutti la scarsa copertura finanziaria di cui gode la legge. Il testo approvato non prevede nessun onere di spesa specifico per il governo, se non «nell’ambito della disponibilità di bilancio», e gli emendamenti che proponevano defiscalizzazioni per chi adeguerà le tecnologie informatiche e telematiche a criteri di accessibilità sono stati lasciati cadere durante l’esame in aula. Stessa sorte per gli emendamenti che chiedevano un impegno finanziario esplicito da parte del governo.
Unica divisione nelle votazioni si è avuta nell’ordine del giorno che impegnava il governo a seguire, esplicitamente, gli standard internazionali dettati dal W3C in quanto gli unici accettati dall’Unione Europea. La proposta, mossa da esponenti del centro-sinistra, è stata respinta dalla Camera con 192 voti contrari e 164 favorevoli. Il ministro Stanca ha precisato che «la legge deve essere indipendente dalle tecnologie». Contro la proposta, fatto curioso, ha votato anche Antonio Palmieri, primo firmatario della proposta di legge che per prima aveva introdotto, in modo radicale, la subordinazione ex lege delle regole di accessibilità dello Stato italiano ai regolamenti tecnici del W3C.