Nei format promozionali proposti dai vari motori di ricerca l’unica variante incontrollabile è il click. Ed è proprio su questo aspetto che si sta per scatenare una baguarre che prende il nome di “Click fraud“, con la precisa indicazione di una truffa basata proprio sul conteggio dei click. Coinvolti i principali motori di ricerca, in primis il leader del settore: Google.
L’accusa viene da alcuni ricercatori che, consigliando campagne promozionali in ramo aziendale, suggeriscono di valutare come il 20% dei click registrati dai motori di ricerca risulterebbe fasullo. Ne consegue un danno per gli inserzionisti ed un mercato gonfiato da click virtuali (con incassi, però, assolutamente reali).
Come suggerito da un’analisi di Cnet, il click fraudolento può avere origine di varia natura: può essere innanzitutto falsificato dal sito che offre gli spazi e mirato a falsificare i risultati delle campagne ed i relativi introiti; inoltre può essere; inoltre può essere creato da appositi robot programmati per il click su appositi link; ancora, può essere fraudolentemente operato da aziende rivali decise a rovinare in qualche modo gli equilibri di mercato della concorrenza (in quest’ultimo aspetto l’operazione può essere portata avanti anche con la collaborazione di una vera e propria manodopera umana).
L’allarme si abbatte su un settore in piena salute e in piena crescita (+25% il trend attuale, per un giro d’affari di 3.2 miliardi di dollari), e per questo motivo Google non spegne gli entusiasmi: pur negando ogni approfondimento sulla vicenda onde evitare disturbi alla prossima entrata sul mercato azionario, il gruppo del motore leader della ricerca allontana ogni addebito sottolineando come una caduta di credibilità per il sistema significherebbe il collasso per un motore che basa le proprie entrate al 95% su questo aspetto. Insomma: Google ha tutto l’interesse ad applicare ogni sistema di sicurezza attuabile e non invece a truffare la propria clientela. Accuse rimandate dunque al mittente con solerzia.