È scoppiata ufficialmente pochi giorni fa, con l’annuncio della tecnologia Harmony. Ma la guerra commerciale (e forse presto legale)
tra Apple e Real Networks è iniziata in realtà nella primavera scorsa. È il mese di aprile quando Rob Glaser, fondatore e capo indiscusso di Real, propone a Steve Jobs un accordo che in molti giudicano in funzione anti-Microsoft. Nelle lettera Glaser propone ad Apple di
concedergli la licenza della tecnologia FairPlay, il sistema DRM che protegge
i brani acquistati su iTunes Music Store. L’obiettivo è quello di consentire
l’esecuzione sugli iPod dei brani acquistati sullo store musicale di Real. Da
quello che si sa, Steve Jobs a quella lettera non ha mai risposto. Glaser ha continuato
ad attaccare duramente Apple, accusandola di adottare tattiche di chiusura inaccettabili
e in fin dei conti autolesionistiche. In uno degli interventi più piccati
contro Cupertino, ricordò la strategia di Apple dei primi anni ’80, quando
il rifiuto di concedere in licenza il proprio sistema operativo, aprì la
strada al monopolio di Microsoft.
Il rilascio di Harmony, dunque, ha per certi versi il sapore della provocazione.
Si tratta di una tecnologia in grado di convertire i file audio acquistati da
Real in formati compatibili con i principali player MP3 in commercio, tra cui
il formato AAC di Apple. Tecnicamente, i programmatori di Real hanno realizzato
un’operazione di reverse engineering, riuscendo a ricostruire il funzionamento
del software che gestisce l’esecuzione di file protetti sull’iPod. Dal momento
che la licenza dell’iPod vieta esplicitamente tale pratica, diversi esperti sostengono
che Apple ha tutte le carte per bloccare l’iniziativa di Real. Altri, però,
fanno notare che la legislazione sul copyright consente la creazione di sistemi
volti a garantire la compatibilità e l’interoperabilità del software.
Insomma, gli ingredienti per una battaglia legale dura e complessa ci sono tutti.
La stessa giurisprudenza in materia negli Stati Uniti lascia aperto il campo a
soluzioni contrastanti.
La prima mossa di Cupertino, intanto, potrebbe venire con l’aggiornamento del
software di gestione dell’iPo, una sorta di patch che impedirebbe l’esecuzione
dei brani convertiti con Harmony. E qui si entra nel campo altrettanto complesso
delle strategie commerciali. Molti osservatori hanno opposto serie obiezioni alla
risposta a muso duro di Apple, parlando chiaramente di errore strategico. In fin
dei conti, dicono, Real vuole vendere più musica garantendo la compatibilità
con iPod e con gli altri player più diffusi. Apple ha come obiettivo primario
quello di vendere più iPod: da questo punto di vista, Harmony potrebbe
avere effetti più che positivi per l’azienda di Cupertino. A vincere sarebbe
alla fine il consumatore, in grado di scegliere dove acquistare la sua musica
digitale, come gestirla, dove riprodurla. Un ragionamento che non fa una grinza.
Ma che forse non tiene conto di altri fattori.
Nella querelle, infatti, c’è anche chi evidenzia un dato di fatto difficilmente
contestabile. Perché Real si è spinta prima alla proposta amichevole
e poi all’attacco aperto con Harmony? Perché è alla frutta, sostengono
in molti. Il bisogno di garantire la compatibilità con iPod mostrerebbe
il sostanziale fallimento della sua strategia commerciale nel business dei download
musicali. Con un lettore come quello di Apple che la fa per il momento da padrone,
vendere brani che non siano con esso compatibili è davvero dura. Un elemento
che per contrasto fa risaltare la riuscita dell’esperimento di Apple. Perché,
allora, a Cupertino dovrebbero rinunciare a far valere la posizione di forza acquisita
con una strategia vincente? Perché dovrebbero cedere a chi ha dimostrato
di non essere all’altezza? Tra l’altro, è vero che Apple ricava quasi zero
dalle vendite di iTunes e che i profitti li fa con iPod, ma cedere posizioni e
fette di mercato nel business dei download, rischierebbe di farle perdere la posizione
di vantaggio acquisita nei rapporti contrattuali con le case discografiche. Quella
posizione che le ha consentito finora di tenere testa alle proposte di aumento
dei prezzi avanzate dalle major musicali.