La notizia è stata accolta con l’enfasi che merita, anche sui media
non di settore. L’iniziativa con cui Google intende rendere disponibile al mondo
intero il contenuto di milioni di volumi custoditi in alcune tra le più
prestigiose biblioteche del mondo, ha certamente il sapore dei grandi progetti
culturali (e tecnologici). La rievocazione di imprese dello stesso tenore come
la leggendaria Biblioteca di Alessandria, è quasi ovvia. Il ruolo che fu
dei filologi e degli scienziati ellenistici, è ora assunto dal principe
dei motori di ricerca. Certo, è da rimarcare un fatto. È forse con
eccessivo semplicismo che si parla di ‘diffusione dell’intero patrimonio di conoscenze
del mondo’ (una frase letta più volte nei report sulla notizia provenienti
dal mondo anglosassone). In realtà si tratta di un patrimonio di stampo
per lo più anglosassone, in lingua inglese e fruibile da chi sa quella
lingua. Un fatto che nulla toglie alla rilevanza del progetto, ma che culturalmente
pesa.
I dettagli dell’iniziativa sono ormai noti. Google ha stretto accordi con le
università di Harvard, Michigan, Stanford, Oxford e con la New York Public
Library per digitalizzare e rendere disponibili attraverso Google Print i libri
contenuti in quelle biblioteche. Il contributo delle singole istituzioni in questa
prima fase del progetto è variabile. Se per Stanford e per l’università
del Michigan l’operazione riguarderà tutti i volumi in archivio, per le
altre sarà limitata a qualche migliaio di esemplari. I tempi previsti per
completare il progetto sono di diversi anni.
Quando tutto sarà concluso, la fruizione delle opere avverrà
secondo un doppio standard. I libri non più protetti da copyright potranno
essere consultati per intero e senza restrizioni. Per quelli ancora in regime
di diritto d’autore, il motore di ricerca fornirà un semplice estratto
contenente la parola chiave ricercata. Google ha anche messo a disposizione questa
pagina per fornire un’idea di come si concretizzerà il processo di ricerca
e visualizzazione.
C’è un aspetto interessante che emerge osservando con attenzione le
tre viste proposte. La pubblicità, che è al momento il principale
strumento di ricavi per Google, compare solo nella prima, in quella dei risultati
provenienti da libri degli editori che hanno stretto accordi con Google. Non compare
nelle pagine in cui sono visualizzati i libri che proverranno dalle biblioteche.
La questione, insomma, è quella del modello di business legato a questo
progetto. Per le biblioteche il ‘guadagno’ immediato è enorme, visto che
avranno a disposizione il loro patrimonio in versione digitale praticamente senza
costi, potendolo riutilizzare per scopi interni. Ma Google, cosa ci guadagna?
Visti i link proposti in calce alla pagina, si può pensare ad accordi con
chi i libri li vende, sul modello dei programmi di affiliazione di Amazon. Ma
John Battelle, grande esperto di motori di ricerca e autore dello scoop sul ‘progetto
biblioteche’, offre sul suo blog altre prospettive. Avendo in mano un enorme patrimonio
di libri in formato digitale, Google potrebbe pensare, ad esempio, alla distribuzione
diretta di e-book, specie per opere non protette da copyright e di difficile reperimento.
C’è un altro elemento interessante. Qualche giorno fa, il sito InternetNews
ha reso noto il deposito da parte di Larry Page del brevetto n° 20040122811.
Riguarda un generico metodo per ‘effettuare ricerche sui media’. Ma contiene ulteriori
dettagli. Per esempio lo sviluppo di un protocollo con cui gli editori potrebbero
concedere a Google l’autorizzazione a mostrare parti di documenti e pagine in
formato digitale o scannerizzate non diffuse sulla rete. I commentatori hanno
subito pensato ad una possibile integrazione con Google News e ad un modello di
business basato su una sorta di pay-per-view o di sottoscrizione. Alla luce dell’accordo
con le biblioteche, si può pensare che un meccanismo simile potrebbe essere
applicato benissimo ai libri protetti da copyright. Non ti basta l’estratto? Dammi
10 dollari al mese, e ti faccio vedere 200 pagine intere. Fantascienza? Vedremo.