P@tto di Sanremo. Sotto questo nome doveva celarsi la scintilla verso un nuovo periodo, un nuovo clima, un rinnovato impegno. 3 ministri e 50 firme, fastosa presentazione fatta di lustri, personaggi, telecamere e interviste. Sceso il polverone, però, è rimasta solo molta confusione e a distanza di qualche giorno sembra davvero impossibile capire se oltre al fumo c’è anche un po’ di arrosto. Anche se dietro ai grandi annunci non traspare alcuna conseguenza, alcuna applicazione, alcun cambiamento reale, titoli ed editoriali si sono sprecati: alcuni girando passivamente i comunicati ufficiali ed altri tentando attivamente di discernere le questioni principali, fatto sta che la notizia ha assunto immediatamente forte eco fino a raggiungere i massimi Tg nazionali. Sale il sospetto che l’unico vero grande obiettivo del p@tto, dunque, sia stato raggiunto.
La prima feroce incrinatura al felice quadro d’unione predisposto dai ministri Stanca-Gasparri-Urbani è firmata Fiorello Cortiana: il senatore poche ore dopo l’annuncio del Ministero per l’Innovazione e le Tecnologie, parla già di semplici
“markette“: «con la conferenza stampa di domani a Sanremo dei ministri Urbani, Gasparri e Stanca, dove si presenteranno le linee guida contro la pirateria, il Governo scopre la sua faccia: gli utenti e gli artisti, soprattutto gli emergenti, non contano nulla, valgono solo gli interessi delle major de noantri, dei latifondisti del copyright, di coloro che difendono con le unghie, i denti e norme subalterne e proibizioniste le rendite di posizione [Â…]. Non è un caso che le associazioni dei consumatori, come Altroconsumo, si siano rifiutate di firmare il documento, e che in queste ore Urbani stia cercando disperatamente un alibi per commissariare la SIAE: siamo di fronte ad un Governo incapace di cogliere l’innovazione e la crescita culturale dettata dallo sviluppo di internet».
Il contro-canto è guidato dagli stessi firmatari del p@tto. Microsoft: «riteniamo che lo sforzo dei Ministeri di individuare delle linee guida per la gestione e la diffusione dei contenuti digitali nell’era di Internet sia un passo molto importante nell’interesse del mercato e dei consumatori, con l’obiettivo di consentire la diffusione di produzioni software, artistiche e culturali presso un pubblico sempre più vasto, nel rispetto della legislazione vigente in materia del diritto d’autore». IWA/HWG: «IWA è contenta che si sia giunti ad un documento sottoscritto dalle maggiori realtà operanti nel settore dei contenuti digitali. IWA ha il compito di informare e far crescere professionalmente chi opera quotidianamente nel web con lo sviluppo di contenuti, informando ed invitando i propri soci al rispetto delle vigenti normative in materia di diritto d’autore». SCF (Società Consortile Fonografici): «l’esigenza di redigere e sottoscrivere un documento ufficiale a tutela dei diritti digitali rappresenta una tappa decisiva per promuovere una cultura della legalità e combattere la diffusione abusiva dei contenuti culturali in internet [Â…]. L’obiettivo è quello di favorire la creazione un ambiente digitale sicuro dove la diffusione della musica sulla rete possa svilupparsi in maniera “libera” nel pieno rispetto dei diritti legati alle proprietà intellettuali».
Quella che sembra essere una unione incondizionata, però, lascia trasparire alcune sfumature che evidenziano la forza di un dibattito tutt’ora in corso. L’Associazione Italiana Internet Provider, ad esempio, dichiara a Libero per voce del presidente Paolo Nuti: «il Patto di Sanremo costituisce un importante passo avanti sulla via della chiarezza, perché contribuisce a sensibilizzare gli utenti sulle conseguenze dei propri comportamenti in Rete [Â…] Non ci piace l’attuale quadro legislativo. Il Dgl 70/2003 non va bene, potrebbero esserci modalità più efficaci per tutelare il diritto d’autore. Per questo abbiamo chiesto in tutte le sedi di cambiare il decreto». Se il principio è lo stesso, dunque, ben diversi sono i metodi di applicazioni auspicati.
Addirittura non tutte le firme sono state effettivamente apposte al documento (così come invece comunicato dal Ministero). Per quanto concernente
l’ADICONSUM, ad esempio, v’è un accordo per la firma, ma l’assenza dell’associazione dal banchetto di Sanremo ha impedito che il tutto venisse formalmente sancito. L’associazione stessa esprime alcune fondamentali riserve sul documento programmatico di Sanremo per voce del proprio responsabile del settore Mauro Vergari: «La nostra è una posizione critica, ma dall’interno [Â…]; ci sono alcune pregiudiziali che, all’atto dell’eventuale firma, verranno messe per iscritto […]; la posizione ufficiale sarà quella espressa tra pochi giorni dal segretario generale Paolo Landi». Dai giudizi espressi dall’ADICONSUM risulta confermato il generale giudizio per cui il Patto di Sanremo sarebbe stato dunque sostanzialmente una semplice operazione di facciata, dai buoni principi ma dalla forte assenza di contenuto. In particolare l’ADICONSUM punta il dito contro il fattore penale del reato di pirateria: la non-criminalizzazione dell’utente risulta essere dunque una delle principali pregiudiziali per l’ottenimento del consenso dell’associazione dei consumatori alla firma del famigerato p@tto.
La stessa ADICONSUM conferma dunque in toto le posizioni già espresse in sede di audizione durante i lavori della Commissione Vigevano. In quel contesto l’associazione aveva anche stuzzicato il dibattito suggerendo: «Attualmente è già previsto un compenso su ogni supporto analogico e digitale e su ogni apparato di riproduzione, aggiungendo anche masterizzatori e memorie fisse. Tutti i consumatori pagano quindi più volte il diritto d’autore per la copia personale, ed anche quando il supporto serve per materiale non protetto. Per i contenuti digitali prelevati dalla rete basterebbe prelevare una piccolissima quota-parte dal costo della connessione per destinarla al diritto d’autore. In tal modo si incrementerebbe la circolazione delle opere d’arte e non si penalizzerebbe il consumatore accusato di azioni penali».
Il punto di vista espresso dall’Adiconsum non è dunque troppo lontano da quello espresso dall’omologa associazione AltroConsumo: «Altroconsumo è contraria alle sanzioni penali per chi scarica dalla rete opere con finalità di fruizione personale. L’associazione indipendente di consumatori non firmerà lo Schema di linee guida [Â…]. Il quadro giuridico che regolamenti il settore è ancora indeterminato. Parlare di codici di condotta o ipotizzare campagne di comunicazione, quando ancora le regole del gioco non sono state fissate, è prematuro e demagogico». Mentre l’Adiconsum sembra preferire una soluzione accomodante e costruttiva («critica, ma dall’interno»), AltroConsumo opta invece per lo scontro frontale e nega il proprio appoggio al P@tto. Reazioni diverse, per un principio però del tutto simile.
Il punto sul quale emerge con più forza la nebulosità della vicenda è proprio il dubbio relativo all’ambito penale del reato. Mentre i co-autori del Patto di Sanremo spergiurano che nessun processo penale coinvolgerà gli utenti che hanno fatto uso di strumenti di file-sharing per lo scambio di prodotti protetti senza fine di lucro, il senatore Cortiana vede invece nella Legge Urbani l’esatto contrario e contesta dunque la falsità delle dichiarazioni di facciata che stanno riempiendo i media nazionali occupatisi della vicenda. Il tutto può essere più chiaro nella lettura della vicenda che Carlo Formenti propone sulle pagine di Quintostato: «i nostri “pattisti” sono perfettamente consapevoli dell’impossibilità di “criminalizzare” milioni di utenti che praticano il file sharing, tanto è vero che il patto prevede [Â…] che “il ragazzino che scarica musica non sarà punibile penalmente”, perché la sanzione pecuniaria estinguerà il reato penale. Attenzione al senso della frase:
estinguerà significa che il reato penale resta tale, viene “estinto” ma non perde la propria natura. Il punto è fondamentale, perché il mantenimento – in linea di principio – della natura penale del reato serve a rafforzare le campagne “educative” nei confronti degli utenti-consumatori: si tratta di convincere la gente a modificare le proprie aspettative, “ancora legate all’idea che tutto ciò che transita sulla Rete debba essere gratuito”. Il passaggio è cruciale: il proibizionismo legislativo serve a modificare le aspettative sociali, svolge la funzione di una “pedagogia morale” nei confronti dei consumatori, i quali dovranno plasmare le proprie aspettative in modo che esse coincidano con quelle dell’industria culturale».
Il Patto di Sanremo, per i contenuti che porta in sé e per le modalità con cui è nato ed è stato divulgato, sembra voler ricreare soprattutto una base di consenso per quella che dovrebbe essere la parallela Legge Urbani. Promettendo Banda Larga per tutti e spergiurando sulla depenalizzazione del reato, la soluzione istituzionale alla pirateria informatica cerca una unione di intenti su contenuti giudicati in larga parte come privi di sostanza (e di conseguenze concrete). In queste stesse ore si divulga però la notizia di come in Inghilterra stiano arrivando i primi patteggiamenti per il reato di P2P: una semplice introduzione a quella che presto sarà la situazione italiana? Come si prepara il paese al rischio dell’arrivo dell’ondata giudiziaria inaugurata dalla RIAA negli Stati Uniti? Quale quadro normativo plasmerà la crescita degli strumenti del web in un paese come l’Italia ove il Patto programmatico relativo risulta essere vacuo e privo di un supporto completo di tutti gli attori effettivamente chiamati in causa?
In bella sostanza, a pochi giorni dalla firma-non-firma, il p@tto di Sanremo sembra essere semplice aromatico fumo, in attesa che arrivi l’arrosto della Legge Urbani. Forse il p@tto doveva solo stimolare l’appetito. Di chi?