Il colpo incassato è di quelli pesanti: dopo un’udienza lunga svariati mesi un tribunale australiano ha dichiarato colpevole Kazaa per l’uso che gli utenti ne fanno all’atto dello scambio di materiale coperto da copyright. Il gruppo titolare del software ha inteso difendere il proprio operato ricordando una giurisprudenza che a tutti gli effetti colpisce l’uso degli strumenti e non gli strumenti stessi (come per fotocopiatrici e videoregistratori), ma la linea non ha avuto successo.
Il giudice ha dichiarato colpevoli Sharman Networks, Altnet, LEF Interactive e Brilliant Digital (ed i rispettivi responsabili) in qualità di gruppi a vario titolo coinvolti nella vicenda. Sorridono, dalla parte dell’accusa, gruppi quali Sony, Festival Mushroom, Universal e Warner. In base a quanto previsto all’interno del Trade Practices Act il giudice Murray Wilcox ha chiesto ai responsabili di Kazaa di chiudere in toto l’attività. Una alternativa è però concessa ed è dipendente da 2 particolari condizioni legate a filtri da imporre agli utenti: Kazaa può dunque continuare a vivere, ma solo e solo se sarà in regola con quanto sentenziato. Inoltre i gruppi riconosciuti colpevoli dovranno pagare il 90% delle spese processuali rivali.
Commenti sulla vicenda giungono anche dall’italiana FIMI. Così il Presidente Roberto Mazza: «Dopo la decisione su Grockster dalla Suprema Corte USA, ora anche una corte australiana stabilisce che le imprese che propongono un modello di business basato sulla riproduzione illegale di musica sono responsabili per danni […]. La musica legale online sta offrendo grandi prospettive di sviluppo ma è necessario che ciò avvenga nell’ambito delle regole, la decisione australiana è un altro passo nella direzione di favorire il file sharing legittimo, ora le aziende di tecnologia sanno quale strada intraprendere».