Uno strumento sempre più potente quale quello dei motori di ricerca ha assunto importanza tale da raggiungere un livello in cui lo scontro con le istituzioni è divenuto quasi impossibile. Ne esce una situazione che, pur nella sua complessità, vive di episodi: dagli USA scatta la critica alla collaborazione dei motori di ricerca con la Cina, Yahoo rimane pizzicata nella faccenda ed un nuovo cittadino cinese nel contempo finisce dietro le sbarre.
L’ultimo caso è quello di Li ZXhi, condannato a 8 anni di reclusione con l’accusa di “sovversione”. Reporters sans Frontieres ha denunciato il fatto in quanto l’arresto sarebbe avvenuto grazie alla decisiva collaborazione di Yahoo: il gruppo avrebbe aperto i propri archivi al regime cinese e l’arresto sarebbe arrivato come diretta conseguenza del materiale scoperto. Per Yahoo trattasi della seconda volta in soli sei mesi, in quanto in precedenza un caso del tutto simile si era concluso con l’arresto di un altro dissidente, Shi Tao. Secondo l’analisi di Repubblica la collaborazione con il regime sarebbe ormai di vecchia data in quanto il memoriale della difesa disporrebbe di dati risalenti addirittura al 2003.
Reuters ha raccolto il malumore bipartisan del Congresso USA: «Non mi fa piacere che delle aziende americane facciano la spia contro un cittadino che ha criticato il suo governo», questa l’opinione del democratico Tim Ryan in linea con il pensiero del democratico Chris Smith secondo cui «Ci sono probabilmente altri (dissidenti) e dobbiamo indagare al riguardo. Faremo in modo che le vicende non vengano tenute nascoste».
«Tutte le compagnie americane e internazionali che operano in Cina si confrontano con il problema di dover sottostare a leggi che mancano di trasparenza e che possono avere delle conseguenze inquietanti e in contraddizione con i nostri principi»: così ha espresso il punto di vista di Reporters sans Frontieres la portavoce Mary Osako. L’associazione conta ad oggi 58 cyberdissidenti ufficialmente imprigionati in tutto il mondo, con una situazione particolarmente pesante proprio nel paese della Grande Muraglia: «49 cyberdissidenti e 32 giornalisti sono in prigione in Cina per aver immesso su Internet articoli e per aver criticato le autorità».
Nel comunicato Reporters sans Frontieres l’invettiva è particolarmente forte contro Yahoo («ora sappiamo che collabora efficientemente e continuamente con le autorità cinesi»): il gruppo è stato esplicitamente invitato ad una firma per una presa di responsabilità sulle questioni etiche che coinvolgono l’attività sul web. Va ricordato comunque come nei giorni scorsi Google ed MSN hanno ammesso la propria collaborazione con le autorità cinesi seguendo a ruota quanto operato da Yahoo e mettendo dunque a disposizione del regime numerosi dati utili alla soppressione dei movimenti eversivi.