La vicenda dei siti che proponevano gratuitamente le partite della Serie A di calcio ha fatto parlare molto di sé negli ultimi giorni. A qualche giorno dai fatti si invocano interventi dall’alto, si avanzano interventi legali e decisi interventi a colpi di comunicati stampa, ma nel frattempo nulla è intervenuto a cambiare le carte in tavola e dunque il problema rimane aperto. La sensazione, però, è che il tutto sia solo l’ennesimo scricchiolìo di un sistema che in un’ottica di lunghissimo periodo sta modificando il proprio impianto alla radice. Se è vero che la storia si ripete, peraltro, la cosa non sarebbe neppure un grossa novità.
Il segnale viene preso sulla tv cinese: laggiù le partite vengono trasmesse, raccolte e quindi direzionate su tecnologia P2P e da tutto il mondo se ne può fare, di conseguenza, libero uso. Il tutto funziona su server cinesi, il che costituisce il più importante punto di forza per il servizio: essendo l’attività esterna al territorio italiano, nessun organo giudiziario può intervenire per porre rimedio al tutto e le tv contrarie non possono far altro se non dimenare i pugni nel vuoto senza ottenere, al momento, un responso soddisfacente.
Le proteste, provenienti soprattutto dall’emittente satellitare Sky, hanno riflettuto la preoccupazione che si annida tra gli attuali titolari dei diritti Tv: se l’utenza può usufruire del prodotto con modalità gratuite, la gestione di un diritto sull’evento non può più garantire un sufficiente ritorno economico. Se le web tv tramite P2P potranno continuare ad operare, dunque, il mercato dei diritti televisivi rischia una brusca frenata che nessuno all’interno del “sistema” gradisce. Niente diritti significa niente soldi, niente soldi significa squadre più povere: il ciclo virtuoso che ha portato il calcio all’attuale mercato multimilionario rischia un’inversione di tendenza ed il vertice della piramide, rappresentato dal titolare dei diritti, lascia intendere che o verrà tutelato il suo interesse o tutti pagheranno per quanto potrebbe succedere.
Ad alzare la voce è stata soprattutto la Federazione Radio Televisioni (FRT): «la FRT, a nome dei suoi associati televisivi e radiofonici, nazionali e locali, ritiene indispensabile un intervento urgente per porre fine a un vero e proprio atto di pirateria che, se non represso con immediatezza, potrebbe avere, considerando le anomale modalità di realizzazione (i server sono ubicati in Cina), ricadute assai pericolose su ogni tipologia di programma (non solo eventi sportivi, ma anche film, fiction, cartoni animati etc.). E ciò anche a livello internazionale. Si pensi infatti cosa potrebbe accadere se fosse sufficiente immettere le immagini da un sito estero sul web per bypassare tutte le norme sul diritto d’autore». Questa la voce di una associazione che va a rappresentare nomi quali Sky Italia, La7, MTV, Mediaset e moltre altre tv locali o satellitari: si chiede di proibire l’accesso ai siti incriminati Coolstreaming e Calciolibero, ma al momento l’unica cosa che appare essere concretamente vietata è l’accesso al sito ufficiale FRT sul quale compare semplicemente un laconico “Server Error 403 : Forbidden”.
Particolarmente interessante è, in questo contesto, il comunicato ufficiale che proviene da CoolStreaming.it: «lo staff di coolstreaming.it esprime la sua soddisfazione per il provvedimento di dissequestro emanato dal GIP di Milano in data 8 febbraio u.s. Il sito www.coolstreaming.it ha quale suo unico obiettivo quello di contribuire, nell’ambito della libertà di manifestazione del pensiero garantita dall’articolo 21 della nostra Costituzione, alla discussione sul tema della IPTV, un tema emergente di estremo interesse. Coolstreaming si è sempre e solo limitato a discutere del mondo delle web TV, per loro natura sottratte a limiti territoriali, anche tramite semplici link ad altri siti. Coolstreaming confida pertanto nella magistratura e nel fatto che il procedimento penale si concluderà con una archiviazione nei suoi confronti per totale infondatezza della notizia di reato e intraprenderà, tramite il suo legale, ogni più opportuna iniziativa a tutela dei suoi diritti». Nel testo c’è il vero nocciolo della questione, quello che da più parti si vuol evitare di affrontare per un diretto interesse di parte: il fulcro del problema è infatti proprio nelle «web TV, per loro natura sottratte a limiti territoriali».
Così come la televisione è da sempre un alfiere mediatico delle entità nazionali, Internet nasce come struttura priva di radice locale e nel suo DNA porta la semplice incompatibilità (nonché una certa antipatia) con tutto ciò che è vincolato da confini e divisioni. Internet è per sua natura una rete unica, transnazionale, priva di qualsivoglia divisione. Il medium televisivo (e tutto il sistema che ne consegue, ivi compresa l’entità dei diritti televisivi di per se stessi conseguentemente di valore nazionale) ha ancora della strada da fare prima di trovare il proprio equilibrio per la sopravvivenza all’arrembaggio della Rete, tutto qui.
Non ci sarebbe altro da dire, e invece di parole da fare ce ne saranno ancora molte perché ci sono dei diritti del valore di milioni di euro che vanno tutelati nell’interesse del sistema calcio, del sistema televisivo e del sistema economico che li unisce. Le discrasie sono ovvie ed il caso della denuncia Mediaset contro “Quelli che il calcio” è la miglior dimostrazione: non si può simulare un gol perché i diritti su quel gol sono stati acquisiti, non si può simulare un collegamento da uno stadio perché i diritti sono acquisiti, non si può riportare un risultato perché i diritti su quel servizio sono acquisiti. Ma cosa coinvolge in realtà il diritto? Cosa tutela? Domande labili per risposte vane, e nelle fessure create dalla mancanza di definizioni certe ecco maturare fenomeni solo apparentemente marginali quali le tv via P2P.
Ad essere entrato in crisi, insomma, sembra essere l’istituto stesso dei diritti televisivi. Da questa situazione se ne uscirà probabilmente con la rafforzata convinzione che il sistema attuale non regge più e che la Rete possa diventare un’occasione da sfruttare piuttosto che un canale di pirati da criminalizzare. Con la musica non è forse stato così? Così sarà per il calcio. Il problema non è nel dove sta il lucro per la pirateria, ma piuttosto nel dove sta il lucro in una dimensione di legalità.
A margine, un piccolo aggiornamento sulla situazione odierna: Google mette in ampia evidenza il link all’area download di Calciolibero.com e nel frattempo Coolstreaming.it si sposta temporaneamente su Coolstreaming.us vantando ben 400.000 download per il proprio MediaCenter 0.4.