L’uomo dell’anno sono io. E lo sei anche tu. L’uomo dell’anno siamo noi. Ce lo dice il Time, che quest’anno ci dedica la sua copertina e celebra così quella che noi, tra entusiasmo e minimalismo, celebriamo quotidianamente come una nicchia di grande importanza, una bolla che ha paura di esplodere, una rivoluzione senza capitani.
I capitani siamo noi, i rivoluzionari siamo noi. Il Time ce lo riconosce: noi controlliamo l’era dell’informazione, questo è il nostro mondo. L’informazione siamo noi, grazie ad internet ci siamo dentro, ne siamo parte e la gestiamo mediante un processo di elaborazione distribuita continua ed incessante. Formalmente, come riportato da Reuters, queste sono le motivazioni addotte: «per aver preso le redini dei media globali, per aver fondato e aver dato forma alla nuova democrazia digitale, per aver lavorato gratis e aver battuto i professionisti al loro stesso gioco».
La copertina del Time
«Person of the year»: e chi l’avrebbe mai detto. Certo la cosa è stata subito sminuita: secondo alcuni il nostro riconoscimento è solo un ripiego, un modo per non dare un nome univoco in un 2006 troppo sfaccettato e politicamente complesso. Per qualcuno, poi, trattasi di un riconoscimento per certi versi anacronistico ma, dopo la precedente copertina del 1982 dedicata ai personal computer, è evidente la portata storica di questa nuova prima pagina. E proprio la copertina è di per sè simbolica: una tastiera, un monitor, una finestra in stile YouTube (YouTube è già stato nominato anzitempo l’invenzione dell’anno 2006). Una scelta, infine, secondo alcuni populista, in cerca di consenso all’interno di una agglomerato particolarmente influente e alternativo alla carta stampata.
Quelli siamo noi, specchiati sulla “homepage” di un giornale che ci guarda, ci osserva, ci riconosce come una massa dotata di identità propria e forte. E ci premia. Il 2006 è stato l’anno di quel “2.0” che ci ha resi protagonisti del nostro tempo, è stato l’anno dei video online, è stato l’anno dell’ulteriore conferma della blogosfera, è stato l’anno della consacrazione di MySpace. Iniziano addirittura a piovere soldi su di noi (Rupert Murdoch ha aperto generosamente il proprio portafoglio e consiglia di farlo anche agli altri), significa che qualcosa iniziamo a significare davvero.
Complimenti, complimenti a tutti noi. Ce la siamo meritata, diciamolo, diciamocelo. Quella copertina è oggi una vetrina: chi non è tra di noi ci sta guardando e si chiede cosa facciamo di tanto rivoluzionario, qui. Spiegarglielo è difficile e le parole del Time sono per noi, non per loro. Difficile capire questo fantomatico “2.0” per chi ancora deve capire la “prima versione”. È difficile perchè bisogna esserci dentro, bisogna respirarlo, bisogna contribuire mettendo la propria firma. Come ho fatto io, come hai fatto tu, come abbiamo fatto tutti noi.
Bravi, complimenti. Siamo i protagonisti del 2006, la storia siamo noi. E lo saremo sempre di più.