«La Cina, spesso criticata dai paesi occidentali per non riuscire a frenare il download illegale dalla Rete di film e musica, ha annunciato oggi di aver chiuso 205 pagine Web in un’offensiva contro la pirateria online». Secondo quanto annunciato da Reuters le autorità avrebbero indagato su 436 casi negli ultimi 4 mesi (130 dei quali su diretta denuncia delle «associazioni internazionali dell’industria»).
Il caso è importante se non altro per i numeri coinvolti: 70.000 euro di multe complessive, 71 server posti sotto sequestro e 6 procedimenti destinati a passare a giudizio. «Tra i siti coinvolti», continua il lancio d’agenzia, «portali che offrono download di programmi, pagine di testo, musica e show televisivi. In una delle indagini si è scoperto come tutti gli internet cafè di Changchun, nella zona nordorientale del paese, fossero collegati ad un unico archivio di film pirata». Non si tratta solo di pirateria privata occasionale, dunque, ma di vere e proprie organizzazioni a delinquere.
«Il fatto che musica, film e software pirata vengano venduti nelle strade della Cina è uno dei fattori che irrita maggiormente gli Stati Uniti nelle sue relazioni commerciali con il paese asiatico». Con questa iniziativa la Cina dimostra però di compiere un importante passo verso l’occidente nel nome di quell’unico valore che unisce in modo assoluto i due mercati: l’interesse economico reciproco.
L’iniziativa cinese è ovviamente una goccia nel mare, ma ha un valore simbolico del tutto simile a quello del caso Posonov in cui Russia e Stati Uniti si sono trovati su fronti opposti nel giudizio di un professore reo di aver installato software pirata su alcuni computer del proprio istituto. La Cina oggi dona così concretezza al patto siglato lo scorso Dicembre e conferma l’intenzione di voler procedere verso una maggiore integrazione con il mercato internazionale.