L’ex ragazzo prodigio Takafumi Horie, presidente e fondatore del portale nipponico Livedoor, è stato stamane condannato dal tribunale distrettuale di Tokio a scontare due anni e mezzo di reclusione senza condizionale. L’imputato è stato giudicato colpevole di aver approvato tutte le operazioni illegali in Borsa, di aver eseguito complesse e spesso fittizie acquisizioni societarie per far lievitare i titoli della sua società e di aver ordinato massicci trasferimenti di profitti per falsificare i bilanci. Secondo l’accusa infatti avrebbe truccato i bilanci del 2004 trasformando un passivo di 300 milioni di yen in un attivo fittizio di 5 miliardi di yen, circa 32 milioni di euro.
Horie era stato arrestato nel Gennaio del 2006 a seguito di indagini condotte da tempo nei suoi confronti con l’accusa di aggiotaggio e false comunicazioni societarie. Ora, a processo terminato, la sanzione appare particolarmente pesante se si pensa che normalmente in Giappone la pena causata da crimini finanziari commessi dai dirigenti viene spesso sospesa in cambio di un’ammissione delle proprie responsabilità e di segni di pentimento. In questo caso però Horie, che era intervenuto più volte durante il processo, aveva sempre proclamato la sua totale innocenza e si era sempre dichiarato vittima di un complotto ordito ai suoi danni. Tale atteggiamento ha potenzialmente influenzato in maniera negativa la giuria portandola ad inasprire la pena nei suoi confronti.
L’ex presidente di Livedoor presenterà comunque appello contro la condanna e la corte ha accettato di estendere la sua cauzione durante il processo. «Sono contrariato dal fatto che la nostra posizione non sia stata accolta. Continueremo a batterci in appello», ha detto Horie in una dichiarazione diffusa dal suo legale.
Takafumi Horie aveva fondato a soli 23 anni il gruppo Livedoor con un capitale di 50.000 dollari e la sua società era diventata nel giro di 10 anni un vero e proprio colosso, con un capitale in borsa di 6 milioni di dollari. La sua vita da star e alcuni suoi spregiudicati acquisti (come quello della squadra di baseball di Osaka nel 2004) avevano però infastidito alcuni leader del mondo degli affari giapponese, il che potrebbe aver rappresentato l’elemento chiave dell’inizio delle indagini.