Il 30% della merce smerciata sul web è contraffatta. E’ questa la notizia che in molti abbiamo ricavato dallo studio che l’Istituto Piepoli ha curato per conto di ConfCommercio. Quella cifra, però, a molti non era andata giù: perchè citata senza una spiegazione specifica, perchè apparentemente sovrastimata, perchè sospettosamente penalizzante per l’e-commerce. Così abbiamo chiesto chiarimenti direttamente a ConfCommercio. E ConfCommercio, con precisione e disponibilità, ci ha risposto.
Domanda numero 1: come si procede nel momento in cui si stima il danno che la contraffazione apporta al mercato?
L’indagine ha riguardato in particolare tre settori: abbigliamento, accessori (borse, cinture, occhiali, ecc.) e prodotti multimediali/informatici. La stima del giro d’affari annuo per ognuno dei tre comparti è stata fatta partendo dai risultati delle 2000 interviste fatte ad un campione rappresentativo di consumatori da cui si è individuata una quota % di quelli che hanno acquistato prodotti contraffatti. Stimando il numero annuo di acquirenti per singolo settore, il totale annuo degli atti di acquisto e la spesa media per ogni acquisto, si è arrivato al fatturato complessivo annuo per ognuno dei tre settori […]
Domanda numero 2: da dove sgorga il dato del 30% relativo alla quota di contraffazione della merce venduta sul web?
[…] tale dato non è una nostra stima ma è un’informazione riportata da altri studi. Sempre nel testo completo dell’indagine può trovare l’indicazioni delle fonti prese in considerazione dall’Istituto Piepoli
E così abbiamo verificato. Il documento .ppt nella slide numero 9 elenca le seguenti fonti:
- La documentazione del Centro Studi Anticontraffazione, dipartimento del Centro Studi Grande Milano
- La documentazione del World Trade Organization e di OCSE
- I dati della Commissione europea e dell’Organizzazione Mondiale delle Dogane
- Alcuni colloqui ad esperti, in parte telefonici in parte face to face, del tipo business to business
- I dati stessi della nostra ricerca quantitativa che qui di seguito illustriamo e che ci hanno consentito di fornire una stima dei mercati dei prodotti contraffati nel settore dell’abbigliamento, degli accessori, degli articoli multimediali
La ricerca sta continuando. Tra le fonti monitorate, la prima sembra essere quella più accreditabile per trovare dove e come quel “30%” sia stato calcolato. Il sito ufficiale, però, ha solo comunicati stampa non inerenti ed un blog vuoto: nessun riscontro apparente, insomma. La quarta è meno tracciabile per ovvi motivi. Esplicita richiesta è già stata girata a chi di dovere per valutare se e come sia possibile risalire alla famigerata percentuale. Qualcuno l’avrà pur calcolata, in qualche modo.