Android, ovvero il sistema opertivo Google pensato per il mondo mobile e per la OHA (Open Handset Alliance). Open Social, ovvero il set di API che Google ha messo in campo per unire sotto un codice solo i maggiori social networks sulla piazza. In entrambi i casi Google si propone come collettore per promuovere alleanze ‘open’ e ‘social’ in grado di rappresentare una concreta alternativa ai big di sempre. Tali annunci hanno spinto le azioni Google a un nuovo picco ed hanno suscitato nuovo entusiasmo attorno al gruppo di Mountain View, ma a distanza di qualche giorno spuntano le prime opinioni contrarie: Android e Open Social non piacciono dunque proprio a tutti. Quattro nomi con varie argomentazioni, a titolo esemplificativo:
Mitch Ratcliffe, blogger ZDNet. Una volta analizzata la lista degli ultimi annunci Google, Ratcliffe conclude con una somiglianza forte spiegando il fatto che ormai Google è impegnata non più nello sviluppo di prodotti nuovi, ma di alleanze e partnership che chiudano la strada alla concorrenza: come Microsoft, nè più nè meno. Android, poi, è stato annunciato con mesi e mesi di anticipo rispetto al momento in cui vi sarà qualcosa di concreto sul mercato. Open Social, invece, non rappresenterebbe in alcun modo la soluzione finale ai problemi della frammentazione tra i social networks, rappresentando anzi solo un approccio parziale in un mercato che non ammette peraltro una piattaforma univoca.
Jack Schofield, blogger del Guardian, si scaglia contro Open Social spiegando come le differenze tra le API di Google e quelle di Facebook non siano così forti. Open Social, insomma, sarebbe sì un set aperto, ma è altresì una sorta di set proprietario che ancora deve dimostrare la propria efficacia. Non viene negata l’utilità delle API per gli sviluppatori, ma dal punto di vista degli utenti tutto va ancora verificato.
Michael Gray, SearchNewz. Intervento tanto sintetico quanto diretto: la presentazione del progetto è confusa e complessa per l’utenza comune, dunque solo gli sviluppatori sapranno avvicinarsi alle opportunità concesse. Intervento tanto sintetico quanto poco motivato, però: Google si è espressamente rivolto agli sviluppatori e sull’utenza ricadranno solo le conseguenze di quanto posto in essere in questi giorni.
Phil Manchester, RedDeveloper. La tesi è quella per cui innanzitutto i progetti open di questo tipo non siano mai troppo sicuri, il che configurerebbe dunque eventuali problemi di sicurezza pericolosamente “social”. La tesi ricorda come Open Social sia basato sulle esigenze commerciali di Google e sostiene dunque che il motore sia stato poco trasparente nei confronti dell’utenza: le API sono incentrate più su una sfida a Microsoft/Facebook che non ad una utilità reale. Infine Openquabal rappresenta già una soluzione valida, dunque l’intervento Google va a scalzare con la forza un progetto preesistente imponendo il proprio brand.
A poche voci contrarie (dalle argomentazioni comunque precise) fanno da contraltare migliaia di voci favorevoli che vedono nell’apertura un elemento garante di trasparenza. Occorre però, soprattutto in questa fase, tener conto di ogni interpretazione offerta se si vuole davvero intuire dove Android ed OpenSocial possano e vogliano arrivare.