«Un’alleanza allargata tra le maggiori società tecnologiche e di applicazioni wireless del mondo ha oggi unito le forze per annunciare lo sviluppo di Android, la prima vera piattaforma aperta e globale per i dispositivi mobili. Google, T-Mobile, HTC, Qualcomm, Motorola ed altri hanno collaborato allo sviluppo di Android attraverso la Open Handset Alliance, un’alleanza tra multinazionali della tecnologia, leader nell’industria dei dispositivi mobili. Il fine ultimo dell’Alleanza è quello di generare innovazione per i dispositivi cellulari e dare ai consumatori una user experience di gran lunga migliore di quella oggi riscontrabile nelle piattaforme mobili»: con queste parole Google toglie i veli al proprio progetto che, ancora una volta, fa leva sull’apertura e sull’open source per imporre il proprio nome a capo di una annunciata rivoluzione.
Le suggestioni di un Google Phone erano talmente forti che nella conference call seguente all’annuncio il team di Google deve ripetere a più battute che non ci sarà un telefonino sul mercato e che quella odierna è una rivoluzione di portata ben più ampia. Il nome, Android; il sito ufficiale dell’OHA; una dichiarazione d’intenti; una lunga lista di partner. Si inizia: tra pochi giorni la prima documentazione ufficiale relativa a quello che si configura come un vero e proprio sistema operativo per il mondo mobile.
Se ancora non è facile interpretare la posizione che il progetto andrà a ricoprire nel mondo mobile, è facile intuire invece la portata dell’evento: Google inserisce un attore nuovo nel contesto della telefonia in mobilità ed oppone il proprio approccio a quelli già noti dell’iPhone, di Windows Mobile o del Symbian di Nokia (nonché di Palm, da cui giungono però segnali distensivi: se anche il gruppo ancora non è della partita, potrebbe presto allinearsi in virtù dei buoni rapporti collaborativi già intessuti in passato con Google). Dietro il progetto c’è il nome di Andy Rubin, 44enne, colui il quale ne sta tirando le fila prevedendo l’uscita dei primi dispositivi durante la seconda metà del 2008. L’ombelico dell’idea è ancora una volta nella rete: i device telefonici, anche in mobilità, diventeranno dei canali d’accesso al web che le nuove tecnologie di connettività potenzieranno estremamente già nel breve periodo. Così facendo il telefonino si arricchisce di tutta una serie di nuove opportunità e la possibilità di progettare con semplicità nuove applicazioni mette nelle mani dell’utente il potere di scegliere cosa avere e cosa no nella propria tasca.
Sui dettagli tecnici al momento Google ha glissato, rinviando a tra pochi giorni ogni delucidazione in merito. Ma le intenzioni bellicose nei confronti della concorrenza (ovvero di chiunque deciderà di non entrare nell’alleanza proclamata in nome dell’apertura) sono palesi fin dal primo minuto: «nel dare agli sviluppatori un nuovo livello di apertura che consenta di di lavorare in maniera più collaborativa, Android accelererà la velocità con cui i nuovi servizi mobili saranno resi disponibili ai consumatori […] Con quasi 3 miliardi di utenti nel mondo, il cellulare è diventato un mezzo di comunicazione personale e onnipresente. Tuttavia, la mancanza di sforzo collaborativo è sempre stata un ostacolo per gli sviluppatori, gli operatori mobili e i produttori di apparecchi mobili, nel rispondere il più velocemente possibile ai sempre mutevoli bisogni dei consumatori finali. Attraverso Android, ora potranno posizionarsi in maniera migliore per portare sul mercato prodotti innovativi più velocemente e con costi minori. Il risultato finale sarà una piattaforma senza precedenti, che consentirà ai produttori di telefonia mobile di fornire ai propri utenti una esperienza di utilizzo del dispositivo molto migliore».
«Questa partnership permetterà di liberare il potenziale della tecnologia mobile a vantaggio di miliardi di utenti nel mondo. Questo nuovo approccio secondo il quale si favorisce l’innovazione nell’industria dei cellulari darà forma ad un nuovo ambiente informatico che cambierà il modo in cui in futuro le persone accederanno alle informazioni e le condivideranno. L’annuncio di oggi è molto più ambizioso di ogni singolo “Google Phone” sul quale si è speculato nelle scorse settimane. La nostra visione è che questa potente piattaforma che stiamo annunciando sarà la struttura di migliaia di modelli di telefoni diversi»: così Eric Schmidt sulla vicenda. Schmidt sarà peraltro pizzicato in conference call con una domanda tanto scontata quanto insidiosa: cosa ne pensa il CEO Google, in virtù della usa presenza anche nel top management Apple? Schmidt glissa con eleganza: si dichiara un felice utente iPhone e pensa che ci sia spazio per tutti. Ma nessun cenno ad una possibile comunione di intenti: l’iPhone ed Android non sembrano destinati a trovare una via convergente, nemmeno tramite l’elemento comune delle due aziende.
34 le aziende già in partnership nella Open Handset Alliance. I nomi vanno elencati nella loro completezza, a partire da Google e citando inoltre immediatamente l’italiana Telecom Italia: Aplix, Ascender Corporation, Audience, Broadcom, China Mobile, eBay, Esmertec, Google, HTC, Intel, KDDI, Living Image, LG, Marvell, Motorola, NMS Communications, Noser, NTT DoCoMo, Nuance, Nvidia, PacketVideo, Qualcomm, Samsung, SiRF, SkyPop, SONiVOX, Sprint Nextel, Synaptics, The Astonishing Tribe, Telecom Italia, Telefónica, Texas Instruments, T-Mobile, Wind River.
Immancabile la schiera delle dichiarazioni soddisfatte di quanti in queste ore festeggiano il taglio del nastro. Tra le note riportate dalla comunicazione ufficiale Google si segnalano in particolare Renè Obermann, CEO Deutsche Telekom («Google è sempre stato un solido partner per l’approccio che T-Mobile ha utilizzato nel portare l’Internet mobile al mercato di massa. Noi consideriamo la piattaforma Android come una eccitante opportunità per lanciare servizi importanti per Internet wireless e servizi 2.0 per i clienti T-Mobile in America e Europa nel 2008»), Peter Chou, CEO HTC («la nostra partecipazione alla Open Handset Alliance e l’integrazione della piattaforma Android nella seconda metà del 2008 ci permettono di espandere il nostro portafoglio di dispositivi ad una nuova categoria di cellulari che cambieranno la natura dell’industria dei dispositivi mobili e ricreeranno aspettative intorno all’esperienza del cellulare») e Padmasree Warrior, CTO Motorola («Motorola è da molto tempo a favore dei software aperti per piattaforme mobili. Oggi siamo molto felici di continuare in questa direzione unendoci a Google e agli altri per annunciare la Open Handset Alliance e la piattaforma Android. Motorola prevede di finanziare la piattaforma Android per permettere servizi di connessione continua ed arricchire l’esperienza dei consumatori»).
Android nasce come progetto open source e la licenza di rilascio sarà la Apache v2 (la quale lascia ampi margini di libertà in quanto i progetti derivati potranno essere a loro volta rilasciati sotto altra licenza). Non si tratta peraltro del primo esperimento “open” in ambito mobile: LinuxDevice ricorda come in precedenza già LiMo Foundation, LiPs e OMA (quest’ultimo supportato anche da Microsoft) hanno tentato avventure simili pur con minori ambizioni. Al tempo stesso Qtopia e OpenMoko hanno aperto la strada ad Android, rappresentandone apripista mai della partita.
Vista la difficoltà di una lettura nell’immediato del tipo di spallata che il progetto potrà essere in grado di dare al settore, occorre soffermarsi su quelle che sono le dichiarazioni di facciata. Ed è Google a presentarsi come capofila, elencando così i benefici potenziali attesi dall’alleanza stipulata:
- «permetterà all’industria di diminuire il tempo speso integrando sistemi separati e di utilizzare più risorse nello sviluppo di nuovi prodotti per i consumatori»;
- «consentirà ai produttori di telefonia mobile di personalizzare le piattaforme in modo da creare dispositivi nuovi e innovativi più velocemente e a costi molto minori rispetto a quelli attuali»;
- «fornirà agli utenti telefoni cellulari con interfacce più facili, meno costosi, consentendo loro di trarre il massimo vantaggio dall’Internet on-the-move».
Nessun GPhone nell’aria, anche se Google non smentisce mai esplicitamente tale possibilità per il futuro. Nota la cosa anche Gene Munster, analista Piper Jaffray, secondo il quale Google punta su Android per ottenere quanto desiderato senza il rischio di un impegno diretto nel campo dell’hardware. Secondo Munster, però, se nel tempo Android non ottenesse i risultati auspicati allora Google si troverà costretta ad entrare in campo direttamente con la forza del proprio brand andando a produrre un dispositivo che ad oggi rimane però solo nell’aura del condizionale.
Wall Street dimostra di credere nel progetto. Le azioni GOOG avevano appena passato la quota simbolica dei 700 dollari e già un +2.02% proietta il titolo a 725 dollari alla chiusura delle contrattazioni (salvo rientrare parzialmente nell’after-hour, con azioni in salita anche grazie ad un contemporaneo accordo con IAC in ambito pubblicitario).
Un primo telefono basato su Android, nel frattempo, sembra far capolino presentandosi in qualche modo come un prototipo: fonte Engadget, produttore HTC, scocca con tastiera a scomparsa sotto un generoso schermo touchscreen affiancato da due tasti di comando ed un touchpad. Trattasi di una sorta di assaggino che introduce a quel che sarà il mondo della telefonia tra un anno circa, quando Android non sarà più solo una serie di codici ma concretizzerà il proprio operato sulla schiera di telefonini che vedrà presumibilmente la luce in tempo per gli acquisti natalizi della prossima stagione.