Sono disponibili i primi dati di vendita di In Rainbows, il nuovo album dei Radiohead noto in rete per essere stato distribuito unicamente su internet (nei negozi reali è andata una versione premium piena di beni aggiuntivi e dal costo elevato) ad un prezzo che poteva essere deciso di volta in volta da ogni utente.
L’esperimento dei Radiohead doveva servire a sensibilizzare l’opinione pubblica sulla possibilità che la rete offre di svincolarsi dalle grandi major e contemporaneamente doveva essere un modo di cercare di comprendere quanto il popolo della rete sia pronto a spendere per un album comprato online. Ma mentre ci si aspettava che internet avrebbe sostanzialmente accolto con favore una simile iniziativa (premiandola), i dati che arrivano dicono tutt’altro.
Ben il 62% di coloro i quali hanno scaricato il nuovo album dei Radiohead dal loro sito non hanno pagato praticamente nulla, scegliendo di offrire meno di 1 dollaro, mentre la fascia di coloro i quali hanno deciso di pagare tra gli 1 e i 4 dlr è del solo 17%; segue la fascia di chi ha pagato tra gli 8 e i 12 dlr, il 12% del totale, dopodichè il 6% ha pagato tra i 4 e gli 8 dlr e il 4% si è avventurato in una donazione straordinaria tra i 12 e i 20 dlr. Dunque si può dire che il 97% ha voluto spendere meno del prezzo di un CD e l’85% ha voluto spendere meno del prezzo di un album venduto su iTunes. Fuori dal conto tutti quelli che si sono comunque rivolti al circuito P2P.
Occorre però fare anche un altro tipo di bilancio, quello relativo cioè ai guadagni dei Radiohead, quanto cioè sia convenuto alla band liberarsi di un’etichetta musicale. Se infatti il gruppo ha venduto l’album a prezzi inferiori al solito è anche vero che ha potuto raggiungere un’audience probabilmente più ampia e non ha dovuto versare una fetta degli introiti a nessuno.
Cnet ha interpellato Chris Castle, esponente di lungo corso di diverse major musicali, il quale ha spiegato come solitamente la fetta dei Radiohead quando erano alla EMI fosse tra i 3 e i 5 dollari ad album e adesso la cifra di spesa media si attesti sui 2,26, dunque un calo nemmeno troppo vistoso.
Per quanto riguarda invece il quantitativo di dischi venduti è ancora presto per parlare, poichè, sempre secondo Castle, la vita commerciale di un disco è molto lunga e non può essere giudicata dai primi mesi, occorre almeno attendere la fine della tourneè.
Di sicuro tuttavia l’esperimento dei Radiohead è stato interessante anche se pieno di falle, una su tutte la bitrate a cui sono stati venduti i brani (128 Kbit/s), decisamente insufficiente per soddisfare le orecchie degli ascoltatori più attenti (per quanto lo stesso formato mp3 non sia il massimo della fedeltà). Colpisce quindi in questo senso la decisione di EMI (ex etichetta dei Radiohead) di pubblicare una versione digitale dei 6 passati album della band più un live in formato Wav non compresso e venduto in una chiave USB per il costo di 167 dollari.