Il bando per il WiMax ha visto una lunga serie di nomi partecipare alla tanto discussa asta per le frequenze sottratte alla Difesa e messe a disposizione dal Ministero delle Comunicazioni. Tra questi nomi alcuni big, alcune assenze eccellenti ed anche tante piccole realtà locali che, federate, intendono dare del filo da torcere ai soliti noti del settore. Segue, pertanto, un abstract sulla vicenda che merita di essere analizzato per meglio comprendere le dinamiche che porteranno all’assegnazione finale.
Il primo successo l’hanno ottenuto subito, a Roma, suscitando la simpatia del Comitato del Ministero delle Comunicazioni preposto alla raccolta delle dichiarazioni di interesse alla partecipazione della gara dell’assegnazione delle frequenze WiMax (Worldwide Interoperability for Microwave Access è una tecnologia che consente l’accesso a reti di telecomunicazioni a banda larga e senza fili, con prestazioni largamente superiori al WiFi). “Complimenti, il vostro nome è il più lungo di tutti!”. E in effetti la compagine Piemontese “Ribes Informatica, Lan Sevice, Informatica System, Hal Service, Tex97, B.B.Bell“, costituenda nuova S.P.A. in caso di assegnazione di licenza WiMax regionale (Piemonte e Valle d’Aosta) appare abbastanza folkloristica se comparata ai suoi concorrenti nazionali (Telecom Italia, Wind, Fastweb, ecc.) o macroregionali (Eutelia, Elettronica Industriale, ecc.), anche in considerazione dei grandi nomi che tutti sanno celarsi dietro alcune delle 60 sigle in gara (Mediaset, Swiss Telecom, British Telecom, Deutsche Telekom, AirOne).
Eppure qualcosa ci stanno a fare, oltre a testimoniare che i nuovi operatori di telecomunicazioni emergenti (ai quale il bando WiMax dedica una priorità che si ferma alla retorica delle premesse) esistono e, dopo la (ritardata) assimilazione nazionale del nuovo codice delle Comunicazioni europeo (avvenuta nel 2003 in sordina a ferragosto), sono vivaci ed agguerriti. «Assieme, noi abbiamo quello che conta» sostengono sfrontatamente e unanimemente: «il vantaggio di oltre 10.000 clienti larga banda e il presidio tecnico-commerciale di tutto il territorio regionale».
Ma 10.000 clienti larga banda non sono un po’ pochini per giocare contro i big? «Niente affatto, se sono concentrati in un mercato interessante come il Piemonte e la Valle d’Aosta, e soprattutto se sono tra i più soddisfatti e affrancati dalla dipendenza dall’operatore dominante (Telecom Italia)».
La compagine piemontese lavora infatti con le moderne tecnologie frutto delle più recenti liberalizzazioni nazionali wireless (hiperlan, fine 2005) e l’altrettanto promettente tecnologia wireline (“ULL”, Unbundling del Local Loop, cioè disaggregazione del doppino telefonico) che diventerà anch’essa “100% Telecom free” non appena la grottesca anomalia nazionale della gestione dell’infrastruttura di rete affidata proprio al protagonista più avvantaggiato della competizione di mercato verrà sanata.
Una specie di “Fastweb in scala ridotta” e 10 anni dopo? «Si», ammettono ancora unanimemente, «con la “leggera” differenza che ormai anche i bambini si sono accorti che cablare i clienti finali in fibra ottica non era e non sarà per parecchio tempo ancora un buon affare, e che invece le tecnologie di questo nuovo decennio permettono agli investimenti di rientrare subito».
Le società della compagine producono tutte utili e anche senza WiMax il tasso di crescita li ha portati nel corso del 2007 a raddoppiare il numero di clienti conquistati ai più blasonati concorrenti.
Ma come contrastare i rilanci milionari degli altri concorrenti al bando WiMax? «Non ci ha ordinato il medico di dissanguarci per portare a casa la licenza WiMax: se perderemo continueremo a dare filo da torcere ai big come stiamo facendo oggi, inclusi i nuovi “neolicenziati”».
La strategia dei piemontesi pare essere anche quella di approfittare della vetrina WiMax per farsi notare (in tempo o meno per i rilanci milionari) da qualche potenziale partner finanziario in grado di sfruttare la loro attuale crescita lineare trasformandola in crescita esponenziale. «Questo sì sarebbe un vero affare per tutti, incluse le Regioni dove operiamo e, di riflesso, la Nazione intera».
E se avessero ragione?