Non si fermano le mille misure preventive che la Cina sta adottando in vista delle Olimpiadi che la prossima estate dovrà ospitare. Censure, rimedi straordinari, chiusure e improvvise e lotte in nome della morale che in molti sostengono essere in realtà operazioni illegittime fatte con la scusante dell’evento sportivo.
La novità è che il governo ha fatto chiudere 44.000 siti porno cinesi arrestando 868 persone in 524 casi investigati. Ma non solo: al conto totale vanno anche aggiunti 1.609 siti penalizzati in vario modo e altre 1.911 persone sanzionate, un’operazione partita a metà 2006 e che ha necessitato di un finanziamento di un milione di yuan (circa 137.000 dollari) per soli 3 mesi.
Si tratta in linea di massima di persone che traevano profitto dal porno (via messaggi o per immagini) in rete o sui cellulari, sia operatori che utenti indistintamente, ma anche organizzatori (attraverso la rete) di performance di carattere pornografico e clienti di prostitute. Per arrivare a tale risultato sono stati necessari migliaia di controllori e una vasta rete di filtri per il flusso di informazioni.
Tale spostamento di forze è anche motivato dal fatto che l’ordine di una pulizia morale della rete è arrivato direttamente dal presidente della Repubblica Popolare Cinese Hu Jintao, il quale ha spiegato come il proliferare incontrollato della rete sia un pericolo per la stabilità sociale. Su un totale di 199.000 siti web registrati nello scorso anno infatti ben 14.000 non sono stati approvati e non possono andare online.
Un folto gruppo di attivisti contrari al regime sostiene ad ogni modo che quello della “moralizzazione” della rete in vista delle Olimpiadi sia solo un pretesto per far fuori dissidenti politici, ipotesi che sarebbe secondo loro confermata dal fatto che è noto che l’operazione non si fermerà con il finire dell’evento sportivo.