I Radiohead non sono più soli. Nonostante le molte lodi per la loro iniziativa di distribuzione autonoma in rete e il grande supporto ricevuto nessuno li ha poi seguiti nell’abbandonare le etichette musicali. Nessuno fino a due settimane fa quando Trent Reznor ha rilasciato l’ultimo album dei Nine Inch Nails unicamente in rete e con una modalità anche più rivoluzionaria di quella dei Radiohead.
La questione qui è tutta sul modello di business, cioè come rientrare dei soldi spesi per la produzione e guadagnarci senza contare sulla distribuzione capillare delle etichette (e senza la pubblicità che provvedono). I Radiohead avevano optato per una soluzione di mezzo interessante per come cercava di fare qualcosa di diverso e contemporaneamente di tastare il terreno. La loro scelta di far pagare ai fan la cifra che volevano (compreso zero) ha fatto capire come si orienti il mercato (la media dei prezzi scelti è stata sui 3-4 euro e il solo il 40% ha pagato).
Ora i Nine Inch Nail invece vanno oltre proponendo 4 modalità di acquisto di cui una sola è totalmente gratuita ma non prevede l’album completo. Chi non paga può scaricare 9 tracce (sulle 36 totali) in ottima qualità (320 Kbps) e nessun DRM.
Per avere tutto l’album bisogna pagare almeno 5$, per i quali si ha diritto anche ad un libretto PDF di 40 pagine e altri extra “digitali” come immagini, sfondi ecc. ecc.
Per 10$ invece si può avere in più anche due CD audio e qualche altro extra in termini di libretti e dati.
Ma il vero business arriva con il pacchetto da 75$ che ha anche un DVD di dati contenente le diverse tracce in formato WAV (quindi non compresso) per permettere il remix e un disco Blu Ray con il mix stereo delle tracce.
Infine c’è anche un pacchetto da 300$ autografato e in edizione limitata che comprende anche 4 vinili e 3 libri a copertina rigida. Una cosa per fan duri e puri andata esaurita nei suoi 2.500 esemplari solo nei primi 3 giorni.
Ciò significa che nei soli primi 3 giorni e solo dalla versione da 300$ Reznor ha ricevuto 750.000$ e di sicuro i costi di fabbricazione non erano poco inferiori ai 300$ per package.
Non meraviglia allora la notizia (non confermata da Reznor) che sia stato già raggiunto il milione di dollari di profitto.
In aggiunta a questo come è stato per In Rainbows dei Radiohead pure Ghosts I-IV andrà in vendita anche nei negozi normali.
C’è chi obietta che manchi una versione completa e totalmente gratuita, ma bisogna considerare che Reznor, da sempre un sostenitore del peer to peer, ha rilasciato tutte le tracce con una licenza creative commons che consente un redistribuzione non commerciale. In sostanza far girare l’album anche completo nei circuiti p2p è legale.
Per questo l’esperimento va anche oltre quello dei Radiohead, poichè qui è previsto e legalizzato il libero scambio. Tuttavia nonostante gli indubbi guadagni una domanda continua a rimanere senza risposta: può un modello simile diventare regola? Può funzionare per artisti con una base di fan meno accanita? E per gli emergenti?