Il Corriere della Sera si è recentemente prodotto nell’ennesimo articolo del genere che gli riesce meglio, cioè quelli che parlano di sesso e (male) di internet.
L’assist al celeberrimo quotidiano arriva dal Regno Unito, in particolare dal “blasonato” Sun che, partendo da un sondaggio fatto su “ben” 4000 lettori, ha sentenziato su usi e costumi sessuali “al tempo di internet”.
Premettendo che 4000 lettori del Sun non sono esattamente ciò che si dovrebbe intendere per campione rappresentativo (almeno è ciò che mi auguro per gli Inglesi), il Corriere non ha saputo resistere e Simona Marchetti si è prodotta in un articolo-gara a concentrare quanti più luoghi comuni su sesso e internet possibili.
“Quadro allarmante“, questo il giudizio della giornalista scandalizzata dal fatto che sms, mms ed internet produrrebbero perversioni indicibili, tali da dire che un maschio su tre sarebbe un “sex-addict“, ovvero un malato di sesso.
Se internet ed sms provocano un “quadro allarmante”, facile immaginare che mentre la giornalista era in procinto di scrivere il paragrafo dedicato a Second Life, abbia rischiato un infarto. Il celebre metaverso è infatti il luogo in cui si coltivano doppie vite e si sfasciano famiglie felici.
Non è colpa del marito infedele che tradisce o del perverso che delinque, ma è sempre colpa di internet. Perchè quando accade un incidente automobilistico a causa dell’alta velocità, la colpa è giustamente data al guidatore e non all’automobile?
Questo articolo mi porta a compiere alcune considerazioni che in parte dissentono da quanto detto da Massimo Mantellini in un suo recente e bell’articolo su Punto Informatico. E’ vero che internet è oggi attaccato dal mondo tradizionale degli ordini e delle associazioni, ma è anche vero che la fase di disiniformazione da parte dei giornalisti non è né finita né tanto meno normalizzata.
Non è solo il (per sua stessa compiaciuta ammissione) retrogrado Bruno Vespa a fare disinformazione, ma anche tanti giornalisti mediocri che pur di catturare l’attenzione scrivono inesattezze e prostituiscono la propria professionalità per “qualche clic in più” sul proprio articolo.
Questo atteggiamento sta corrodendo persino i giovani miei coetanei. Recentemente ho avuto modo di parlare con una studentessa universitaria di Milano, che attribuiva anche ad internet la responsabilità del fatto che molti laureati Italiani non sanno l’Italiano.
A forza di fare disinformazione, di non insegnare l’uso delle nuove tecnologie a scuola, ma anzi di demonizzarle, molti giovani (non tutti, per fortuna) sono stati corrotti e ragionano come i loro nonni che sarebbero gli unici, a voler essere generosi, a potersi permettere un atteggiamento di diffidenza nei confronti del web.