Il suo scopo era presumibilmente bonario, ma il mezzo adoperato è andato a urtare la sensibilità di un gruppo che avrebbe potuto trarne diretto svantaggio. Per questo motivo Carola Eppink sarà nella giornata di domani chiamata alla sbarra per una prima discussione sul caso sollevato dal suo software MSNLock, distribuito da Unicaresoft BV.
Il software ha utilità semplice e precisa: limitare il tempo passato sulle chat dai ragazzini, così che la vita in rete non possa tramutarsi in attività preminente a danno del tempo da dedicare ad altre attività. Lo strumento, di per sé pedagogico, ha però valore censorio preminente che Microsoft non può lasciar passare inosservato dal momento in cui è proprio il suo MSN ad essere messo in discussione. Per questo motivo il gruppo, non potendo combattere direttamente le buone intenzioni della Eppink, ha pensato di ricorrere ad una via indiretta: bloccare il software e l’autrice tramite una causa che fa leva sul nome dell’applicativo e sull’uso improprio di “MSN” in violazione del copyright del gruppo di Redmond.
Il motivo addotto sembra essere del tutto strumentale, ma presumibilmente efficace. La Eppink, olandese, da parte sua non intende negare l’evidenza, ma ne offre piuttosto chiare motivazioni: «Il nome semplicemente chiarisce le intenzioni del prodotto. Inoltre MSN messaging è diventato un termine generico per le chat». Il nome ad oggi è stato giocoforza fermato in attesa di una decisione della Corte, la quale è chiamata a stabilire la bontà del termine o l’affidamento di “MSNLock” alla proprietà intellettuale Microsoft. MSNLock, dunque, ad oggi prende il nome di “Benzoy“.
Il paradosso della vicenda è stato rilevato da Gerard Ghazarian, partner della donna sotto accusa: «Ci sono migliaia di siti internet che usano MSN, ad esempio siti pornografici […] e Microsoft non li denuncia. Tutto ciò che vedono sono i loro interessi di business perchè il nostro programma limiterà l’ammontare del tempo speso dai ragazzi su MSN