In questo cupo periodo d’isterismi mediatico-xenofobi, sta facendo il giro del web una poesia attribuita al poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht che così recita:
Prima di tutto vennero a prendere gli zingari
e fui contento, perché rubacchiavano.Poi vennero a prendere gli ebrei
e stetti zitto, perché mi stavano antipatici.Poi vennero a prendere gli omosessuali,
e fui sollevato, perché mi erano fastidiosi.Poi vennero a prendere i comunisti,
ed io non dissi niente, perché non ero comunista.Un giorno vennero a prendere me,
e non c’era rimasto nessuno a protestare.(Bertolt Brecht)
Il testo, riferito in origine allo scivolamento della società tedesca nel nazismo, rappresenta un efficace invito a, come dire, drizzare le orecchie e a ricordarsi di quanto possa essere banale e impercettibile l’instaurarsi del Male.
Testo efficace: ma letterariamente falso.
Infatti quel testo:
1) non è una poesia
2) non è di Bertolt Brecht
3) è una parafrasi, un rimaneggiamento (l’ultimo di una lunga serie).
La paternità del testo va certamente attribuita al pastore luterano e teologo tedesco Martin Niemöller (1892-1984; vedi anche qui), prima sostenitore poi oppositore del nazismo, spedito su ordine di Hitler in persona in campo di concentramento in seguito ad un sermone antinazista.
Sopravvissuto a nove anni di internamento e a Dachau, Niemöller negli anni ’40 e ’50 svolse un’intensa opera di predicazione a favore del pacifismo e della riconciliazione. E fu proprio durante i suoi discorsi e sermoni che enunciava il testo in questione, egli stesso variandolo alla bisogna. Testo la cui forma originale, non essendo esso mai stato fissato su stampa ma solo declamato, è tutt’ora oggetto di discussione fra gli studiosi.
Questa incertezza sulla forma iniziale, unitamente alla struttura sintetica e flessibile degli enunciati che permette di variare facilmente i soggetti (di volta in volta ebrei, comunisti, cattolici, zingari, omosessuali, sindacalisti, disabili etc etc), spiega la peculiare natura proteiforme e perennemente in fieri che ha assunto nei decenni la citazione: la quale, dagli anni ’50 ad oggi, è rimersa un numero imprecisato di volte, e ogni volta variata e adattata all’occasione.
L’attribuzione a Brecht, invece, è probabile farina del web (la bufala pare sia nata in area webispanica). Viralità e non controllo delle fonti hanno fatto il resto.
Questione di lana caprina? Forse. Certo, è ancora vivo nella memoria il perculamento blogosferico massiccio cui venne sottoposto Mastella per la sua toccante interpretazione di una poesia di Neruda che non era di Neruda. E allora, forse, val la pena fare un po’ i precisini e distinguersi.
Fatto ciò, caro lettore, mi auguro che se mai verranno a prendere te o me, ci sia rimasto qualcuno a protestare. Nel primo caso cercherò di esserci, nel secondo ovviamente no.
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