Il Dreamcast era la console di casa Sega progettata per rivoluzionare il mondo dell’intrattenimento casalingo. Si trattava di una macchina potente e dalle enormi potenzialità, ma destinata ad essere annoverata fra i più grandi flop tecnologici della storia.
Uscita in Giappone nel 1998, presentava un assetto hardware impensabile per l’epoca: un muscoloso cuore a 128 bit, contro i “miseri” 32 della Playstation. Era anche predisposta per il collegamento al Web e l’invio di email e presentava un catalogo di periferiche davvero imponente: tastiere, pistole, joystick, volanti e pedane per la danza. Interessante anche la possibilità di scaricare aggiornamenti per i giochi. Portando il marchio Sega poteva anche sfruttare un parco titoli praticamente illimitato, comprendente nomi che hanno fatto la storia dei videogames: Shinobi, Out Run, Altered Beast, Wonder Boy, Sonic e molti altri. Con simili presupposti il successo sarebbe dovuto essere assicurato, no?
No, appunto: la dissennata gestione finanziaria e di marketing della Sega fece uscire presto il Dreamcast dal mercato delle console. Ma c’era dell’altro, il successo schiacciante della Playstation nei confronti dell’avversaria fu determinato anche da altri fattori: prima di tutto il fatto che gran parte dei videogiocatori si era ormai “fidelizzata” alla Playstation, uscita sul mercato nel 1994.
L’altro motivo era molto poco edificante e riguardava la possibilità per gli utenti della console di casa Sony di modificare a prezzi irrisori la propria macchina per poter usufruire di software piratato a bassissimo costo. Quando la Playstation 2 si affacciò timidamente sul mercato nel 2000, la console di casa Sega era già agonizzante.
La sua, per la verità, fu un’agonia piuttosto breve, tanto che la produzione hardware del Dreamcast cessò nel Gennaio del 2001 e di conseguenza la pubblicazione di videogames cominciò subito a diminuire drasticamente. Ben presto quella che aveva tutte le potenzialità per imporsi come nuova regina dell’intrattenimento casalingo subì una fine ingloriosa, fino a ricevere l’ultima umiliazione: per svuotare i magazzini più in fretta i distributori di diversi paesi proposero prezzi talmente bassi da fare concorrenza alle piccole console tascabili; in America, per esempio, dai 200 dollari del primo anno di vendita si arrivò a poco più di 40 dollari.
L’ultimo colpo di coda per il morente Dreamcast fu la recente pubblicazione di nuovi titoli, fra cui gli sparatutto Last Hope, Trizeal, Karuos e Trigger Heart Exelica. Nel Settembre del 2007 Sega Japan ha deciso di chiudere il servizio assistenza hardware.
La parabola del Dreamcast meriterebbe di essere studiata nei corsi di marketing aziendale, perché è emblematica di come la bontà di un prodotto sia senza dubbio necessaria, ma affatto sufficiente perché esso riesca ad imporsi sul mercato tenendo testa alla concorrenza. Tale parabola discendente ha anche sancito l’uscita della Sega dal mercato hardware per concentrarsi esclusivamente sulla produzione software.