Con il modello DCS-100, nel 1991 Kodak si aggiudica il primato di prima reflex interamente digitale.
In effetti, le sperimentazioni in questo campo procedevano già da molti anni (basti pensare che il sensore CCD nasce sul finire degli anni ’60), ma nella maggior parte dei casi ci troviamo di fronte ad apparecchiature “semi-digitali”, che in gran parte dei casi salvano i dati in formato analogico.
Sul finire degli anni ’80, invece, ci troviamo di fronte alle prime macchine interamente digitali, anche se non siamo ancora in ambito professionale.
Uno dei motivi di successo da parte di Kodak, fu l’aver adottato un corpo macchina esistente e già famoso come quello della Nikon F3 (reflex di fascia alta nata nel 1980 e disegnata da Giugiaro) potendo quindi contare già su un parco ottiche e accessori di tutto rispetto.
Le caratteristiche tecniche erano di alto rango, e difatti la DCS-100 (Digital Camera System) poteva contare su un sensore CCD da 1.3 milioni di pixel (non a pieno formato), con risoluzione 1280×1024 e sensibilità da ISO 100. La macchina memorizzava le immagini in un disco da 3.5 pollici con collegamento SCSI collocato in un’unità esterna, la DSU (Digital Storage Unit), con capienza di 200 MB, in cui potevano essere immagazzinate 150 foto in formato non compresso, oppure 600 con compressione JPEG.
La DSU era dotata a sua volta di un display da 4 pollici per la visualizzazione delle foto, e di una memoria DRAM da 8 a 32 MB (che influivano sul numero massimo di scatti in sequenza possibili), oltre alla possibilità di collegarsi ad un computer, e avere diversi accessori, come una tastiera, o un battery pack.
Nonostante il peso non certo contenuto (circa 10 Kg) e il costo di 30.000 dollari, la macchina ebbe un discreto successo, anche grazie ad una politica commerciale capillare.
Di certo non è stata la reflex più venduta della storia, ma ha avuto il merito di aver inaugurato un mercato oggi in gran fermento, frequentato da un buon numero sia di produttori sia di prodotti.