297 voti favorevoli e 15 contrari: con questa percentuale totalmente disequilibrata in favore dell’approvazione, il Senato francese ha espresso la propria opinione sulla norma che intende introdurre una nuova disciplina anti-P2P nel paese transalpino. La legge non è però importante soltanto per i francesi: il principio adottato intende dilagare in tutto il continente, ove saranno però le istituzioni dell’UE a porre un freno.
La legge francese potrebbe entrare in vigore ad inizio 2009. La norma prevede un intervento in tre fasi utile ad ammonire, e poi fermare, l’utente che adoperi la propria connessione al web per scaricare materiale illecito. Nel nome della difesa del copyright, dunque, l’utente sarà anzitutto avvertito via mail dell’avvenuta violazione registrata; in una seconda fase sarà una lettera inviata tramite la posta ordinaria a lanciare l’ultimo avviso; infine la terza contestata fase: il taglio della possibilità di accedere alla rete come estrema ratio per impedire il ripetersi del download illegale.
Il senatore Bruno Retailleau, appartenente al cosiddetto Mouvement pour la France, è una delle poche voci fuori dal coro in Francia: Retailleau giudica troppo severa la norma e ne ha condannata la prima approvazione in Senato ricordando come il taglio dell’accesso al Web possa configurarsi come una violazione dei diritti dell’utente, impedito ad accedere ad una “essenziale commodity”. Retailleau parla di vera e propria «discriminazione» e si allinea in questo ai giudizi provenienti dalla commissione europea. Il Parlamento Europeo si è espresso sulla stessa linea, negando il taglio dell’accesso come soluzione praticabile: «vogliamo trovare un equilibrio tra i detentori dei diritti ed i consumatori ed una misura importante come il taglio dell’accesso ad Internet non dovrebbe essere usato». Il parere delle istituzioni europee non è però a questo stadio vincolante, il che lascia carta bianca alle istituzioni francesi (e non solo) per poter proseguire sulla strada intrapresa.
Christine Albanel, Ministro per la Cultura transalpino, sostiene che il taglio dell’accesso sia una alternativa “istruttiva” alle sanzioni pecuniarie, inutilmente repressive. La Francia ha trovato ovviamente massimo plauso da parte delle associazioni impegnate nella battaglia contro la pirateria ed anche in Italia si soffia da più parti sullo stesso fuoco. La “dottrina Sarkozy” potrebbe fare scuola e per questo motivo il caso francese è molto più di una semplice legge nazionale: l’Europa starà alla finestra in attesa di capire come e se sia lecito scendere in campo con le medesime metodologie.
In Italia un primo movimento contrario è nato in tempi non sospetti. È del 5 dicembre 2007, infatti, il primo appello pubblico di Leonardo Chiariglione contro gli intenti bellicosi avanzati in Francia: « L’accordo francese ed il fatto che esso sia stato, da più parti, annunciato come uno straordinario successo sono, a mio avviso, indici sintomatici del processo degenerativo della nostra società che, evidentemente, ha leggi che, come tutti i prodotti dell’uomo, sono figlie del loro tempo e che, in un momento di transizione tecnologica come l’attuale, hanno bisogno di essere aggiornate, riviste, corrette e se necessario riscritte senza sacrificare o immolare i diritti di nessuno ed anzi muovendo proprio da un’intesa ampia e condivisa che, tuttavia, coinvolga anche gli utenti ed i consumatori di cultura digitale. […] È per questo che l’esempio francese non deve essere seguito. […] L’Italia può e deve assumere – nell’ovvio rispetto degli accordi internazionali e del quadro normativo europeo – una posizione di leadership nel procedimento di revisione dell’attuale regolamentazione dell’accesso al patrimonio culturale digitale che occorre avviare senza attendere oltre. […] La dottrina Sarkozy è da bocciare, senza riserve e senza prova d’appello, in particolare per quanto riguarda il medioevale principio di punire un’intero nucleo familiare con la privazione dell’accesso ad Internet per un atto compiuto da un suo componente e l’eccessiva generalità delle misure di prevenzione che rischiano di portare ad un’inammissibile analisi e filtraggio dell’intero traffico, ben oltre la collaborazione dei fornitori di servizi nel trasmettere ai propri clienti eventuali segnalazioni di infrazioni. […] Occorre far riscoprire, invece, il valore, la centralità e l’importanza della proprietà intellettuale nella società dell’informazione e, soprattutto, convincere le nuove generazioni che si può accedere alla cultura digitale percorrendo la strada della legalità in modo facile e senza veder calpestati i propri diritti di utenti e consumatori».