Come era semplice sospettare, Microsoft non ha fretta, e nemmeno forse l’intenzione, di acquisire Yahoo. Dopo che Jerry Yang ha messo in tavola le proprie carte si è capito che era tutto una sorta di bluff. E ora il gioco lo conduce Steve Ballmer. E Ballmer, come era facilmente intuibile, non vuole spendere un centesimo di più di quanto potrebbe essere quantificabile un ottimo affare.
«Abbiamo fatto un’offerta, poi abbiamo fatto un’altra offerta… poi abbiamo lasciato perdere»: Ballmer ripercorre stizzito il percorso di avvicinamento a Yahoo ricordando come la colpa del mancato accordo sia tutta di Yang: »ad un certo punto abbiamo cercato di chiudere una partnership concernente la ricerca… ma non funzionava per entrambi, così abbiamo abbandonato il campo. Non siamo interessati in un ritorno per riconsiderare una acquisizione. E non so il motivo per cui anche loro possano essere interessati, francamente».
Parole nette, che sembrano spegnere ogni lume di speranza. Ma non tutte le porte son chiuse: Steve Ballmer ha infatti dribblato ogni opinione in merito ad un possibile accordo odierno sulla ricerca: nega nuove acquisizioni, ma una partnership con il motore di ricerca non è mai respinta esplicitamente. Il che equivale, in linguaggio diplomatico, in una sorta di conferma.
Jerry Yang dalla sua non può far altro che aprire le porte e sperare in un ritorno di Ballmer. Da due giorni, però, la borsa manifesta segni di preoccupante calo sulla scia delle analisi che vedono ormai in tutta la sua concretezza il periodo recessivo che si apre per il prossimo futuro. Alla luce di un valore di Yahoo sempre più in declino, con all’orizzonte nessun concorrente pronto a rilevarne le quote, Microsoft ha tutto l’interesse a non affrettare i tempi e ad aspettare che il boccone sia cotto al punto giusto.
Negli ultimi due giorni la borsa di New York è caduta pesantemente. A salvarsi v’è stato solo il pacchetto YHOO, in positivo per 48 ore grazie alle speranze cucinate da Yang al Web 2.0 Summit. Con la secca smentita di Ballmer il titolo è però ora destinato nuovamente a sgonfiarsi, tornando ad aderire a quelle che sono le più reali dimensioni di un gruppo in crescente difficoltà.