Falsificare la propria identità in rete potrebbe diventare reato. Il millantato credito potrebbe dunque estendersi anche ad internet, patria delle false identità e degli avatar, almeno a giudicare da una sentenza emessa contro una donna che su MySpace si spacciava per chi non era.
Il caso in questione è di certo più complesso e ha radici e motivazioni molto peculiari, tuttavia molti esperti giuristi affermano che potrebbe lo stesso aver creato un precedente. Lori Drew infatti si sarebbe finta su MySpace un ragazzo e con tale identità avrebbe prima conquistato l’amicizia e poi minacciato Mega Meier di 13 anni che nel 2006 si è uccisa poco dopo aver ricevuto un messaggio dal falso amico che recitava: «Il mondo sarebbe un posto migliore senza di te».
Il punto al quale l’accusa si è attaccata è che i termini di servizio di MySpace impongono di immetere nel social network informazioni veritiere e accurate sul proprio conto, dunque utilizzare un’identità fittizia corrisponde ad un “accesso non autorizzato”, accusa paragonabile ai reati da hacker. Andrew Grossman della Heritage Foundation sul New York Times afferma che «Se il verdetto rimane questo significa che ogni sito in rete deve attenersi alla legge criminale. Si tratta di un cambio radicale. Si passa da piccoli contratti a proibizioni penali».
La linea di difesa dell’avvocato di Lori Drew è tutta basata sul fatto che la cliente non ha mai letto i termini di licenza e le condizioni d’uso del sito e che nessuno in vero lo fa mai. Eppure sembra che la cosa peggiore di tutto non sia tanto la polemica relativa alle condizioni d’uso quanto il fatto che molto spesso creare identità fittizie possa essere indispensabile, ad esempio nei casi in cui si voglia stare al riparo dal furto di identità.