L’industria musicale ha richiesto all’autorità giudiziaria di risalire tramite indirizzo IP all’identità di alcuni sharer provenienti dalla Boston University, ma il giudice ha rigettato la richiesta.
Il giudice Gertner ha stabilito che non è possibile risalire all’identità degli utenti P2P della famosa università americana in quanto non vi sarebbero le condizioni tecniche tali da garantire un’adeguata certezza. Con questa motivazione si giunge ad un punto di stallo nel dibattimento London-Sire, che da quasi un anno affolla le aule giudiziarie.
La corte si è quindi dimostrata garantista rispetto alla privacy degli sharer in rete. Il rischio di accusare innocenti sarebbe troppo alto perciò diventa necessario, secondo Gertner, tutelare gli utenti:
La rilevazione di questi indirizzi IP potrebbe esporre soggetti innocenti a ricerche intrusive.
Non è la prima volta che il giudice Gertner si schiera da parte degli utilizzatori di filesharing. Proprio la scorsa primavera, ad inizio del processo, aveva stabilito che rendere disponibili sul P2P file multimediali non necessariamente corrisponde ad una violazione della normativa sul diritto d’autore. Non avendo quindi dati precisi riguardo atti illegali, aveva negato le richieste delle major.
Simili casi si sono verificati anche nelle università di Washinghton e del Wisconsin: la corte aveva determinato che gli indirizzi IP non potevano identificare un utente univoco in quanto le connessioni di rete vengono normalmente condivise da più utenti.
Non è stata altrettanto fortunata la Mashall University, la quale è stata obbligata a rivelare le identità di alcuni studenti nonostante le connessioni Internet fossero condivise.