Facebook non è il buco nero della privacy, che tutto assorbe e nulla restituisce. Dopo le accuse del The Consumerist, Facebook può sventolare due diversi post per spiegare quanto successo, ma è soprattutto l’ultimo post di Mark Zuckerberg a togliere il maggior numero di punti interrogativi su una vicenda esplosa in appena 24 ore, spenta grazie ad un intervento repentino, ma destinata ad un ulteriore strascico polemico.
Tutto inizia con l’accusa del The Consumerist e si basa su un tacito cambiamento dei Termini del Servizio che regolamentano i rapporti tra il gruppo ed i suoi utenti. Alcune righe, in particolare, sarebbero cambiate negli ultimi giorni e le parole adoperate nella nuova formula sembrano delineare qualcosa di sostanzialmente diverso rispetto alla situazione precedente. The Consumerist, in particolare, punta il dito contro le seguenti indicazioni comprese nella nuova formula: «Devi concedere a Facebook l’irrevocabile, perpetua, non esclusiva, trasferibile […] licenza internazionale ad usare, copiare, pubblicare, […] modificare, tradurre, adattare, […] e distribuire ogni contenuto postato su o in connessione con Facebook». Tali parole vanno interpretate in considerazione del fatto che i Termini del Servizio ammettono anche che i contenuti inviati vengano trattenuti da Facebook anche nel caso in cui un utente cancelli il proprio account. Unendo i due postulati, infatti, ne esce un sistema che fagocita contenuti e non restituisce alcunché, impedendo agli utenti di gestire anche i propri stessi diritti (Facebook si arroga il diritto di farne uso libero).
Inevitabilmente l’attacco frontale a Facebook raccoglie in poche ore grandi attenzioni, anche e soprattutto in Italia ove la situazione attorno al social network è già di per sé in fibrillazione a causa di altri e ben noti problemi. Articoli, post, discussioni su Twitter ed altro ancora: Facebook non ha potuto ignorare il caso ed è così intervenuto con una risposta circostanziata e, almento per il momento, esaustiva.
Facebook può controbattere alla situazione con un primo post firmato Suzie White. Il post è datato 4 febbraio e giunge a spiegazione delle variazioni effettuate ai Termini del Servizio. La White a suo tempo aveva motivato i cambiamenti con la necessità di semplificare i Termini generali, il tutto a favore di una maggior comprensibilità degli stessi ed al fine di facilitare il compito dell’utente che vuole leggere e capire. Di per sé trattasi di un post che parla di buone intenzioni, ma alla luce delle critiche successive non torna utile per cancellare il ragionevole sospetto che Facebook voglia agire in modo ambiguo e colpevole.
Il post di Mark Zuckerberg, invece, risponde direttamente alle accuse e spiega il motivo vero delle parole utilizzate: la necessità di fare totale chiarezza. Secondo Zuckerberg non c’è nulla di nuovo: le informazioni sarebbero sempre state conservate (una copia è sull’account del mittente dei vari post, una copia è sull’account ricevente, ed in ogni caso l’eliminazione coinvolge soltanto una copia e non la sua complessità interconnessa) ed il nuovo testo spiega pertanto la situazione semplicemente con maggior chiarezza. Nel suo post, inoltre, Zuckerberg chiede che si valutino le parole ma anche e soprattutto le intenzioni che le sorreggono: Facebook, infatti, si regge su una struttura che permette la condivisione controllata dei contenuti di ogni utente (il sistema delle amicizie è sotto lo stretto controllo dei titolari di account. Tutto il resto è violazione: non ci si può iscrivere sotto falso nome, non si possono adoperare contenuti presi da Facebook per scopi propri ed esterni al social network, non si può insultare altrui persona, eccetera. Nulla, insomma, sarebbe cambiato rispetto al passato.
Zuckerberg ha usato la situazione specifica per palesare il massimo impegno profuso dal gruppo per garantire la massima privacy a tutti, ma al tempo stesso è ancora Zuckerberg a sottolineare come non esista lo strumento perfetto che permette di condividere informazioni lasciando al legittimo titolare il pieno controllo sui futuri percorsi dell’informazione stessa. Zuckerberg, insomma, allontana da Facebook le critiche e si presenta in prima persona per accollare a sé ogni responsabilità circa i prossimi cambiamenti e le relative informazioni.
Il caso pare momentaneamente chiuso. Ma quando un incendio divampa, spesso il fuoco rimane sotto le ceneri anche a fiamme spente.