La scorsa settimana, sul sito di PCPerspective è apparsa una recensione che aveva come obiettivo l’analisi delle prestazioni a lungo termine del disco a stato solido X25-M di Intel.
La conclusione del test ha mostrato una notevole riduzione delle prestazioni del drive (basato su tecnologia MLC) dopo un uso prolungato. Intel, invece, smentisce questa affermazione.
Come tutti gli SSD, anche l’X25-M utilizza un algoritmo di wear leveling per distribuire uniformemente le scritture tra le celle di memoria e prolungare la loro vita media. Intel ha migliorato questa tecnologia aggiungendo anche il supporto NCQ (Native Command Queueing) per raggruppare le operazioni di scrittura e cercare di allocare più frammenti di un file nello stesso settore.
PCPerspective ha dimostrato che questo algoritmo non funziona in modo corretto, in quanto i file di grandi dimensioni non vengono memorizzati negli stessi blocchi, ma ci sono piccoli frammenti che occupano altri settori. Questo comporta una frammentazione dell’SSD, ovvero il tipico problema che affligge i tradizionali dischi magnetici. Ovviamente la deframmentazione peggiora ancora di più la situazione.
Intel non è d’accordo con i risultati del test, affermando che le prestazioni dei suoi SSD non degradano all’aumentare del carico di lavoro. Secondo l’azienda di Santa Clara, i benchmark sintetici utilizzati non sono rappresentativi dell’uso reale di un PC.
Intel ammette però che il controller interno necessita di qualche miglioramento e che l’eventuale problema della frammentazione verrà risolto con un aggiornamento del firmware.