Se un servizio online ha un problema che coinvolge lo 0.05% dei casi, il problema non è tale ma il tutto si riduce generalmente ad una parentesi presto dimenticata. Se invece un problema coinvolge Google, e mina la privacy degli utenti che hanno riposto fiducia nel brand, allora anche la minima imperfezione merita il giusto rilievo. Anche perché il tutto viene moltiplicato per almeno 4.4 milioni di utenti unici, ovvero coloro i quali nel mese di Settembre hanno visitato Google Docs (datiCompete).
Il caso è emerso a seguito di una presa di coscienza da parte di Google di un bug che affliggeva Google Docs e che avrebbe minato la sicurezza di alcuni documenti composti dagli utenti. In una piccola percentuale, infatti, tali documenti “privati” sarebbero stati invece condivisi con utenti terzi con cui già si condivideva in precedenza altro materiale. Gli utenti coinvolti, pertanto, possono aver lasciato in libera visione documentazione propria senza tuttavia esserne consapevoli. L’accesso a tale documentazione non sarebbe comunque stata totalmente libera: una precedente condivisione di materiale è un requisito fondamentale in grado di sbloccare il bug ed aprire l’errata apertura dei permessi di accesso ai file.
Un’email inviata da Google all’utenza coinvolta ha evidenziato come i documenti condivisi per errore possono essere file testuali o slide di Google Presentation, non invece fogli di calcolo. Per sicurezza Google ha rimosso da tali file ogni qualsivoglia permesso di accesso e gli utenti avvisati dovranno pertanto reimpostare i permessi vedendo così tornare alla normalità la situazione. Una stima “spannometrica” avanzata da Garett Rogers indica in 220 mila circa il numero dei documenti messi a rischio dal problema.
«Ci scusiamo per gli inconvenienti che questo problema può aver causato. Vogliamo assicurarvi che abbiamo trattato il problema con la massima priorità»: il Google Docs Team non può che scusarsi, promettendo massima solerzia nel risolvere problemi di questo tipo. Rimane il fatto che, a distanza di pochi giorni dal black-out di Gmail, un nuovo problema stempera un velo di diffidenza circa la gestione centralizzata dei servizi, con affidabilità e sicurezza totalmente affidate al controllo di aziende terze e totalmente al di fuori della propria portata (che si limita a sua volta ad una scelta tra un servizio piuttosto di un altro).
Il caso nato morto: del problema si è venuti a conoscenza quando Google l’aveva già risolto. Se non si è ricevuta la missiva da Mountain View si può star tranquilli, altrimenti occorre seguire le indicazioni inviate e ripristinare i permessi di accesso ai file. Ma il caso, sia pur se morto, non sarà presto dimenticato, fermo restando la totale trasparenza ancora una volta dimostrata da Google nel pubblicizzare e risolvere il problema.