Quando l’emendamento D’Alia è stato affossato, già ci si aspettava che, presto o tardi, i meccanismi della politica avrebbero potuto ripristinare i bavagli alla Rete passando per vie impervie ed imprevedibili. Così è stato. Nei giorni scorsi l’appello ha preso forma dal blog di Guido Scorza, ove è stato notato che le norme relative alle intercettazioni avrebbero potuto contenere alcune derive di particolare pericolo per il popolo e le attività del web italiano.
«Per i siti informatici, le dichiarazioni o le rettifiche sono pubblicate, entro quarantotto ore dalla richiesta, con le stesse caratteristiche grafiche, la stessa metodologia di accesso al sito e la stessa visibilità della notizia cui si riferiscono». Una piccola frase, dagli effetti dirompenti.
«Il maxi-emendamento rischia di cambiare molto nelle dinamiche dell’informazione in Rete ed è un inutile sacrificio della libertà di espressione che comprimerà i diritti di molti senza arrecare alcun vantaggio neppure a pochi. Parliamone, parliamone, parliamone…». L’appello di Guido Scorza è stato presto raccolto, e la firma che più solleverà il polverone sulla questione è quella di Marco Pancini, European Policy Counsel per Google. Spiega Pancini sul blog ufficiale Google Italia: «Questa norma mira ad estendere anche ai “siti informatici” le procedure di rettifica delle informazioni ritenute non veritiere o lesive della reputazione dei soggetti coinvolti, finora applicate ai mezzi di informazione tradizionali. In pratica un blogger amatoriale viene equiparato come responsabilità al direttore responsabile di un qualsiasi quotidiano nazionale… L’utilizzo dell’espressione generica “siti informatici” è molto preoccupante, in quanto sembra comprendere sia tutti coloro che producono contenuti, siano essi operatori professionali (ad esempio, la testate giornalistiche online) o semplici utenti (ad esempio, i blogger amatoriali), sia le piattaforme che ospitano questi contenuti, come ad esempio i motori di ricerca, le piattaforme di contenuti creati dagli utenti come YouTube ed i social network come Facebook».
Trattasi pertanto di un errore non nuovo, una generalizzazione di evidente pericolo che viene per l’ennesima volta portata tra i provvedimenti governativi. La perseveranza appare a questo punto dimostrazione tangibile della dolosità dell’errore, ma «La strada che porta all’affermazione della specificità della Rete e dei diritti dei navigatori è ancora molto lunga». Il succo della questione è nel fatto che «Ai gestori di siti, pagine web e blog amatoriali non dovrebbero essere richiesti adempimenti propri dei mezzi di informazione professionali e quindi sproporzionati rispetto ad attività di tipo amatoriale o comunque non lucrative». La fiducia posta, però, ha portato all’approvazione solerte del testo.
Secondo il ministro Alfano trattasi di una legge discussa per un anno, ben formata e meritevole di immediata applicazione. Secondo la Rete, invece, le distorsioni sono evidenti e pericolose. Lo scontro politico è destinato a spostarsi pertanto dalle aule della politica ai luoghi virtuali del Web. L’Intergruppo Parlamentare 2.0, peraltro di recente estensione con nuovi membri integrati al gruppo originario, ha nelle sue corde la possibilità di fungere da mediatore nel dialogo tra le parti, così come emerge esplicitamente dal manifesto ribadito solo nei giorni scorsi: «Internet, in particolare attraverso gli strumenti caratteristici del Web 2.0 come blog e social networks, rappresenta infatti una preziosa e innovativa fonte di interazione diretta ed immediata tra cittadino e decisore. Questo tema è oggetto di particolare interesse da parte dei membri dell’Intergruppo Parlamentare 2.0, il cui scopo è proprio quello di promuovere un confronto tra politica, imprese e cittadini su Internet ed i suoi strumenti, al fine di sfruttarne al meglio le potenzialità per lo sviluppo del Paese».