Ormai anche la RIAA ha capito che non le conviene intentare cause a raffica contro alcuni capri espiatori di tutta la grande comunità di pirati musicali. Non le conviene per motivi d’immagine e perché tutto ciò non costituisce un deterrente. Tuttavia, le cause ancora aperte devono essere portare a termine.
E tra le cause ancora aperte c’è quella cardinale di Jammie Thomas, la donna che ha deciso di non patteggiare ma di andare in tribunale e anche dopo una prima condanna è tornata alla carica per affermare la propria innocenza. Di solito, infatti, gli accusati patteggiano spaventati dalle multe possibili e dalle spese legali, così nessuna causa per pirateria musicale ha mai visto una sentenza finale, mai un giudice si è pronunciato. Il caso Jammie Thomas è l’unico a rischiare di arrivare alla fine.
Proprio ora che la RIAA ha deciso di smettere con le cause e cominciare a lavorare con gli ISP per tagliare l’accesso ai circuiti pirata agli utenti, Jammie Thomas torna alla carica, non spaventata dal rischio di dover pagare 222.000 dollari contro i 3.500 che pagherebbe in caso di patteggiamento.
E non si può dire che la difesa non le stia provando tutte. L’ultima è una richiesta, arrivata totalmente a sorpresa, di dimostrare che l’etichetta detenga effettivamente i diritti delle canzoni sul cui download illegale si dibatte. Al momento, infatti, nessuno degli avvocati delle major ha presentato dei documenti certificati del fatto che i diritti di quelle canzoni appartengono agli accusanti e procurarseli in tempo per la seduta potrebbe essere un problema.