Quando i termini per l’adesione alla proposta di Google per la digitalizzazione dei libri sta per scadere, il gruppo di Mountain View ha trovato sulla propria strada un alleato inatteso: Viviane Reding. Le posizioni della Reding sono da tempo in questa direzione, con il Commissario per la Società dell’Informazione e dei Media sempre pronto a sbilanciarsi in favore della libertà e della condivisione. In questo caso, però, la tempistica è oltremodo significativa. Perchè il nome della Reding è influente, perchè la posizione dell’UE è importante.
Il discorso si complica. Da una parte, infatti, c’è la guerra tra Google e quanti non intendono lasciare al gruppo un monopolio effettivo sui libri fuori pubblicazioni o per i quali non è possibile identificare il detentore del copyright. Dall’altra, invece, vi sono le necessità dell’UE, la quale si trova tra le mani il progetto Europeana che intende portare avanti ed utilizzare per dirimere le attuali divergenze legali in tema di diritto d’autore. Google ha in ballo un patteggiamento con cui ha proposto un esborso specifico in grado di autorizzare il gruppo alla pubblicazione dei libri digitalizzati per i quali non è stato possibile avere un lasciapassare alla disponibilità online. Sony, Amazon, Open Book Coalition: tutti contrari, tutti pronti a far guerra al motore. Viviane Reding si è posta nel centro della battaglia ed ha detto la sua: «Google Books è un progetto commerciale sviluppato da un soggetto importante […] È positivo vedere che si stanno sviluppando nuovi modelli di business in grado di portare nuovi contenuti ad un numero crescente di consumatori».
L’unica alternativa percorribile ad oggi in ambito europeo è proprio Europeana. Con un comunicato stampa la Reding ha spiegato che oggi l’enciclopedia online raccolga 4.6 milioni di contenuti (libri, immagini, mappe, video, giornali): il numero è raddoppiato nell’ultimo anno e si punta ad un ulteriore raddoppio entro il 2010. Ma si può/deve fare molto di più: «La digitalizzazione dei libri è una fatica di Ercole, che consente però di offrire contenuti culturali e milioni di cittadini in Europa e nel resto del mondo. Accolgo pertanto con favore i primi sforzi compiuti dagli Stati membri e dalle loro istituzioni culturali per riempire gli scaffali della biblioteca digitale europea. Tuttavia, ritengo preoccupante il fatto che solo il 5% di tutti i libri digitalizzati dell’UE sia disponibile su Europeana. Costato anche che quasi la metà delle opere digitalizzate presenti su Europeana proviene da un solo paese, mentre il contributo degli altri paesi dell’Unione resta troppo debole. A mio parere ciò mostra in primo luogo che gli Stati membri devono smetterla di invidiare i progressi realizzati su altri continenti e rimboccarsi le maniche. Ciò mostra anche che Europeana, da sola, non basterà per aumentare la visibilità digitale dell’Europa nel mondo. È necessaria una migliore cooperazione per adattare all’era digitale il quadro giuridico europeo in materia di diritto d’autore».
La funzione di Europeana può essere utile per i risultati conseguiti nella messa a disposizione dei volumi e nella liberazione della conoscenza ivi contenuta, ma al tempo stesso molti interrogativi si pongono: come formare una legge unica per il copyright a livello europeo? Come promuovere Europeana e rende il progetto sostenibile nel lungo periodo? È possibile utilizzare l’enciclopedia come riferimento per un indice continentale dei libri fuori stampa (il 90% di quelli presenti nelle biblioteche) e di quelli “orfani” (il 10/20% di quelli sotto copyright)? La Reding in proposito è chiara: invece di criticare l’operato altrui, l’Europa farebbe bene a costruire qualcosa di proprio: gli strumenti ci sono, l’impegno invece è mancato.
La Commissione Europea ha lanciato pertanto una consultazione pubblica ad hoc: entro il 15 Novembre i cittadini dell’UE potranno esprimere la propria opinione sulla questione. La questione di fondo è: cosa ce ne facciamo di Europeana?