Prima l’invito e l’annuncio di una consultazione pubblica, quindi l’odierno comunicato per rendere ancora più chiara l’idea di fondo: o l’Europa accetta Google Books, oppure deve impegnarsi a fondo per cogliere le opportunità derivanti dalla digitalizzazione della cultura. «Solo l’1% dei libri delle biblioteche nazionali europee è stato digitalizzato finora, lasciandoci un’enorme compito da portare a termine, ma anche lasciando aperte grandi opportunità culturali e di mercato».
Il comunicato è cofirmato da Viviane Reding, commissario per la Società dell’Informazione e dei Media e Charlie McCreevy, commissaria per il Mercato Interno e i Servizi. L’intento è quello di comunicare lo sforzo per la ricerca di una via equa e condivisa per cogliere al meglio le opportunità derivanti dalla digitalizzazione, senza preclusioni in questo all’attività dei privati che intendono collaborare con l’UE. L’obiettivo primo è quello di una giusta retribuzione per i detentori del copyright, però: il messaggio a Google è privo di destinatario, ma non c’è alcun dubbio del fatto che le parole debbano essere indirizzate specificatamente verso Mountain View.
La Commissione Europea scommette pesantemente sulla collaborazione con i privati: l’UE lascerebbe i compiti tecnici ed i vantaggi economici all’iniziativa privata (dribblando così un lavoro considerato alla stregua di una delle fatiche di Ercole), ma si terrebbe in mano il timone per guidare una iniziativa tanto delicata per il controllo dei contenuti, della cultura e degli introiti derivanti spettanti ai legittimi titolari della proprietà intellettuale. A conferma del fatto che tutto abbia origine dalle proposte provenienti da Google, il comunicato indica tra gli obiettivi dei prossimi giorni anche la volontà di trovar famiglia alle opere “orfane” o fuori stampa: «se l’UE ci riuscirà, avremo gettato le basi per una nuova generazione della crescita culturale in Europa».
La Commissione intende massimizzare i benefici di questo nuovo sistema e per questo motivo Google non è in alcun modo accantonato: non v’è alcun altro privato sul mercato, ad oggi, in grado di garantire medesimi benefici in fase di digitalizzazione. Al tempo stesso, però, l’invadenza del gruppo USA ha scatenato obiezioni per “egemonia culturale” prima, nonché timori per un monopolio editoriale poi. Per questo, ora, anche Google allunga la mano verso l’UE: almeno due membri extra-USA saranno accolti all’interno del board deputato alla gestione dell’accordo proposto agli autori. Così facendo Google conta di coinvolgere l’Europa in modo più diretto, favorendo pertanto l’approvazione della proposta e spianando la strada ad eventuali collaborazioni.
La posizione che scaturirà dalle audizioni dei prossimi giorni (i cui invitati sono già stati contattati anzitempo) sarà molto importante, anche perché in concomitanza con il comunicato della Commissione è stata diramata anche una nota con la quale la Federazione degli Editori Europei ha bocciato Google Books ribadendo la volontà di imporre Arrow (Accessible Registries of Rights Information and Orphan Works) come soluzione valida ed accettabile: «Tutta l’editoria europea si oppone a Google Books. Oltre alle opposizioni formali mosse dagli editori di Italia, Germania, Francia, Austria, Norvegia e Svezia, anche la Federazione degli Editori Europei (FEP) ha preso posizione contro il progetto. La FEP, che riunisce gli editori di 26 paesi, ha affermato che l’accordo per chiudere la class action tra Google e le associazioni di autori ed editori americani per il servizio Book Search, che coinvolge anche qualsiasi opera libraria europea disponibile sul mercato USA “non costituisce una soluzione per l’Europa (…), non può essere applicato al territorio dell’Unione Europa (…) e il suo ambito di applicazione non può essere esteso al di fuori degli Stati Uniti”».