23andMe, l’azienda che opera nell’analisi del DNA dei privati cittadini per offrire uno screening online delle caratteristiche del patrimonio genetico, da qualche ora è ancor più legata a Google. Passi progressivi fatti di capitali, parentele ed interessi privati: l’ultimo capitolo è l’abbandono di Linda Avey, colei la quale aveva a suo tempo fondato il gruppo assieme ad Anne Wojcicki.
23andMe ha 30 dipendenti. Il gruppo chiede agli utenti un campione di saliva e promette in cambio un intero sito web a propria disposizione per conoscere le caratteristiche del proprio DNA e valutare eventuali anomalie tali da favorire l’insorgenza di problemi di salute. Anne Wojcicki è la moglie di Sergey Brin, cofondatore di Google, il quale ha nel tempo infuso ingenti capitali personali nell’azienda trainando nella raccolta fondi anche la propria azienda. Sergey Brin ha motivi seri per impegnarsi personalmente nel gruppo: inaugurando il proprio blog personale, infatti, Brin ha confessato la scoperta (grazie a 23andMe) della mutazione G2019S del gene LRRK2, mutazione che secondo la scienza sarebbe ricollegabile all’insorgenza della malattia di Parkinson.
L’investimento di Google nell’azienda è quantificato in 7 milioni di dollari, oltre ai 10 milioni che Brin ha infuso personalmente nel progetto. Sebbene l’addio di Linda Avey sembri avvenire in un clima totalmente sereno, dalle parole traspare comunque una certa influenza in questa scelta nella posizione di “minoranza” che la Avey è venuta ad assumere in questo contesto. La presenza di Google, sempre più protagonista in 23andMe grazie alle continue infusioni di denaro, è probabilmente l’ingrediente ad aver determinato quello che la Avey definisce un «momento critico»: il gruppo deve far il grande passo, deve cambiar marcia per raggiungere gli obiettivi della propria mission aziendale, e probabilmente la Avey si è sentita di troppo in un contesto famigliare che aveva ormai permeato l’organizzazione interna dell’azienda.
Anne Wojcicki nell’ufficializzare l’addio della Avey spiega che la collega si impegnerà in un progetto di ricerca sull’Alzheimer e diventerà “cliente” 23andMe usufruendo dei dati che il gruppo è in grado di raccogliere grazie alle proprie analisi sul DNA. La Wojcicki (peraltro sorella di Susan, altro nome influente nel Board Google) ringrazia la collega Avey per il servizio reso, e si prepara a guidare 23andMe con maggior influenza decisionale rispetto ai mesi passati. La “criticità” del momento affrontata dalla Avey, peraltro, lascia preludere a prossime novità sull’attività del gruppo, da tempo ormai ferma su un servizio mai evolutosi se non sul piano dei costi di accesso all’esame.
Difficile, ad oggi, intuire se possano esserci degli interessi reali di Google in 23andMe oltre alle motivazioni personali del cofondatore Brin. Ad oggi l’unica possibile matrice comune è quella di Google Health, progetto per la salute che però non sembra rivolto tanto alla ricerca scientifica, quanto più all’organizzazione dei dati dei pazienti per cercare lucro tra i meandri delle strutture sanitarie internazionali. Un nuovo possibile spunto è stato però offerto negli ultimi giorni dal CEO Eric Schmidt, il quale in una intervista di Michael Arrington di TechCrunch ha ipotizzato per il futuro un legame più stretto tra i motori di ricerca ed il cervello della persona. L’idea è quella di strutture informatiche in grado di estendere le capacità cognitive, così che le informazioni possano essere colte al di là della semplice interpretazione del linguaggio e delle query. Schmidt si avventura in pura teoria, ma nella sua spiegazione parla di medicina e di biologia, qualcosa in cui 23andMe sta cercando a fondo, partendo dal linguaggio fondamentale: il DNA.