«Ogni giorno, attraverso gli aggiornamenti dello status su Facebook, la gente condivide il modo in cui vive gli accadimenti della propria vita. Questi update sono piccole finestre su ciò che stanno facendo le persone. Sono dei riassunti […] e descrivono cosa stia succedendo questa settimana, oggi o in questo momento. Raggruppati, questi update sono indicativi di un sentimento collettivo. In Facebook poniamo sempre attenzione ai modi per aiutare la gente a capire meglio il mondo attorno a sé, e ci interessa il modo in cui la gente esprime le proprie emozioni con gli altri». Così Facebook spiega il motivo alla base di alcune valutazioni che, partendo dai messaggi di status immessi dagli utenti, denotano il “mood” collettivo di una intera comunità.
Le risultanze del cosiddetto Gross National Happiness Index, curiose nella loro complessità, hanno peraltro fondamentali riscontri promozionali se il social network potrà utilizzarli per analisi compiute su precisi segmenti di utenza. Il processo è di per sé semplice: partendo dalle parole immesse nel messaggio di status, Facebook è in grado di valutare la polarità positiva/negativa del sentimento espresso dall’update. I dati complessivi, se immessi su di uno schema cronologico, riconsegnano interessanti risultati. La positività sale ad esempio in occasione del giorno del Ringraziamento, quando gli Stati Uniti si fermano per festeggiare in famiglia, oppure in occasione del Natale e del Capodanno:
Ovviamente un maggior uso di parole positive lascia propendere per un maggior ottimismo, mentre espressioni quali “sad”, “doubt” o “tragic” (trattasi di analisi compiute sulla popolazione USA) preludono a difficoltà o comunque a sentimenti negativi. Inevitabilmente il tutto non può essere ricondotto ad una fotografia fedele dell’utenza, ma il trend collettivo è significativo comunque: ogni status dipende non soltanto dal sentimento, infatti, ma anche dalla volontà di condivisione, dal modo di esprimersi, dal modo in cui ci si rapporta con la propria identità online, dalla tipologia della propria community, dalle inclinazioni personali, eccetera.
L’analisi del Data Team di Facebook, insomma, lungi dall’essere una introspezione psicologica degli utenti, è però una valida cartina di tornasole per le aggregazioni. Opportunamente analizzati, questi dati riconsegnano dati preziosi per valutare l’impatto dei grandi eventi sulla psiche della collettività. Inevitabilmente anche il mondo dell’advertising imparerà a suo tempo a fare buon uso di queste indicazioni, ed è dunque nella statistica che Facebook potrebbe trovare nel tempo nuove basi per la propria offerta di advertising.
Nessun rischio per la privacy, infine: Facebook certifica il fatto che nessun messaggio di status sia mai stato letto durante la ricerca, la quale è stata invece compiuta interamente mediante algoritmi ed analisi computazionale senza l’intervento umano diretto.