«Cari utenti T-Mobile, voglio scusarmi a nome di Microsoft per i recenti problemi con il servizio Sidekick e portarvi un aggiornamento sui passi che abbiamo compiuto per risolvere questi problemi. Siamo lieti di comunicare che abbiamo recuperato la maggior parte dei dati, se non tutti, coinvolti dalla recente interruzione. Pensiamo di iniziare il recupero dei dati appena possibile, iniziando con i contatti personali […]. Continueremo a lavorare rapidamente per ripristinare i dati, inclusi i calendari, le note, le fotografie […]».
Con questo aggiornamento Microsoft ha spiegato la situazione dal proprio punto di vista riconsegnando agli utenti la notizia più attesa: i dati sono in salvo e la situazione sta per essere ripristinata. Il tutto, però, avviene quando ormai la frittata è fatta: il servizio Sidekick ha subito un danno di immagine probabilmente irreparabile poiché è soprattutto nell’affidabilità dei server che un progetto basato sul cloud può conquistare il cuore (e le sottoscrizioni) degli utenti. Quando il problema ai server è stato notificato, T-Mobile ha immediatamente compreso la gravità del guaio prodigandosi in scuse pubbliche all’utenza. Nei giorni successivi è stato anche stanziato un buono da 100 dollari per tendere la mano e chiudere la questione, promettendo altresì di non far pagare l’abbonamento mensile e di fare il possibile per recuperare comunque i dati andati persi.
Il prossimo aggiornamento sarà pubblicato entro la fine della settimana, quando probabilmente Microsoft e T-Mobile contano di aver chiuso le operazioni. Microsoft spiega nel nuovo comunicato come il problema sia stato determinato da una non meglio precisata causa scatenante che ha portato alla caduta del server, alla corruzione del database e dei processi di backup ed all’interruzione conseguente del servizio. Riattivando uno ad uno i vari processi, i tecnici son riusciti infine a recuperare la situazione e gli utenti coinvolti (una minoranza, secondo Microsoft) vedranno presto ricomparire i propri dati come nulla fosse successo.
Microsoft, però, al di fuori delle comunicazioni ufficiali intende a precisare come il problema sia stato specificatamente causato dalla tecnologia Sidekick, progetto acquisito da Microsoft nel 2008 nell’ambito dell’operazione Danger ma estraneo dal lavoro dei tecnici di Redmond. Tonya Klause, portavoce del gruppo, sottolinea come la futura dimensione Azure sia per codice e per natura completamente differente dal sistema alla base di Sidekick, con cui non ha nulla da condividere. Soprattutto in quanto a backup, inoltre, l’area cloud di Microsoft vanterebbe copie multiple dei dati e sistemi di recovery avanzati, così da garantire continuità ed affidabilità ai servizi proposti.
Il caso sembra chiudersi in modo positivo, ma lo strascico per il cloud computing è pesante. Per Microsoft il capitolo si chiude con un necessario scaricabarile, in attesa di poter aprire quanto prima l’era di Azure. Nel frattempo, però, l’inevitabile passaggio della class action è già stato avviato: una serie di denunce è stata depositata in cerca di un pieno rimborso del servizio e del device, puntando il dito contro Sidekick per non aver mantenuto fede alle garanzie che il gruppo prometteva per i contenuti degli utenti. Il recupero dei dati potrebbe però ora smontare sul nascere le accuse, riducendo a pochi spiccioli eventuali rimborsi per l’inaccessibilità temporanea dei file.